Storia della politica italiana: da governanti un po’ ladri a ladri che si fingono governanti


Nonostante quello che pensano gli italiani, la politica è una cosa seria. In Italia la gente prende seriamente la politica solo quando si aumentano le tasse, quando tocchi il portafoglio all’italiano improvvisamente scopre tutta la sua passione politica contro il governo. Poi le tasse vengono aumentate comunque, lui si abitua (al rincaro dei prezzi dopo l’euro, all’aumento dell’iva, all’aumento della benzina…) e per un po’ se ne sta calmo a guardare la partita, seguire qualche reality e gli ultimi casi di omicidi misteriosi con protagonisti dai telegenici nomi (lo zio Michele, Melania, Meredith) che sembrano usciti dalla sceneggiatura di una fiction poliziesca italiana qualunque.

La colpa non è tutta degli italiani. In parte è un fenomeno mondiale, che deriva dall’aumento della tecnologia dell’intrattenimento: con computer, dvd e blue ray, cinema 2d e 3d, televisioni con migliaia di canali (anche se tutti uguali), cellulari e tablet pieni di giochi, un mare di prostitute che si vendono a poco prezzo, milioni di articoli di qualunque genere che, avendo i soldi, puoi comprare in tutto il mondo, decine di droghe diverse e oceani di alcol di ogni tipo, non rimane molto spazio per altro. Il sonno prende 7-8 ore al giorno, il lavoro 8-9 ore (se non di più), poi bisogna fare da mangiare, mangiare, badare ai bambini, ai cani, ai gatti, e dunque se rimangono in una giornata una o due ore libere uno cerca di divertirsi scegliendo una tra le mille possibilità che la società moderna offre. E gli stati non fanno nulla per ridurre le ore di lavoro o cercare di indirizzare i cittadini verso un uso più costruttivo del tempo libero, i politici e quelli che tirano le fila dell’economia sono ben felici di avere una mandria lavoratrice, un po’ affamata, e che riempito lo stomaco non pensa ad altro che a soddisfare il resto dei suoi bassi istinti.

Se si confronta questo con la società di qualche decennio fa la differenza è impressionante. Allora si lavorava di più (non c’erano le 35 ore settimanali), anche 12 o 15 ore, e i lavori erano in media più faticosi perché c’erano molti più lavori manuali (dai contadini ai pastori ai minatori), e milioni di operai in più (in fabbriche più buie, sporche, pericolose, e con stipendi da fame). Nonostante questo la gente aveva speranza, era più felice, e trovava anche il tempo di occuparsi di politica. Oggi quasi nessuno ha la tessera di un partito, quasi nessuno va a sentire i pochi comizi che si fanno, e quasi nessuno conosce qualcosa di più del nome di chi sta votando nelle elezioni comunali, regionali o europee, e qualche volta nemmeno quello, si vota il partito e basta (e lo si vota per simpatia o antipatia di Berlusconi, o per nostalgia del comunismo o di Mussolini, o per razzismo nei confronti degli extracomunitari e dei meridionali). Un tempo i comizi e le tribune politiche erano pieni di discorsi complicati e spesso insensati che non dicevano nulla, come nel film di Franco e Ciccio sui due deputati un democristiano e un comunista avrebbero potuto scambiarsi i discorsi e la cosa non si sarebbe notata, a parte che il primo poteva citare come motivazione la carità cristiana e il secondo la comunione tra i lavoratori. Oggi non ci sono nemmeno più i discorsi, ci sono solo gli spot elettorali da Vespa in cui i politici che hanno il potere possono dire tutto quello che vogliono senza nessuna domanda scomoda, preparando tutto prima con calma o affidandosi all’esperienza di Vespa (rimarrà storica la frase di Debora Bergamini, ex segretaria di Berlusconi, che in una intercettazione disse “non c’è da preoccuparsi, perché Vespa è Vespa”). Non esistono contenuti, non esistono programmi, non esistono idee e non esistono ideali, almeno per i partiti che raccolgono insieme l’80% dei voti e hanno il monopolio della presenza televisiva. È logico che quando un italiano, che già ha i suoi problemi, si trova ad avere un po’ di tempo libero non ha voglia di deprimersi o addormentarsi seguendo questi patetici discorsi; l’eccezione è per quelli che si autoconvincono di crederci veramente in qualche politico o qualche partito, allora lo possono seguire con l’entusiasmo e la partigianeria con cui si segue una partita di calcio.

La politica vera è un’altra cosa. Nei momenti più tragici o decisivi la politica è cambiamento, se non rivoluzione. Nel momento in cui i bolscevichi conquistavano il potere in Russia sapevano che stavano scrivendo la storia, e il popolo sapeva che il suo futuro sarebbe cambiato; quando Berlusconi vince in Italia nessuno nel suo partito sente di poter fare nulla per la società, né desidera farlo, e i cittadini non pensano che ci sarà nessun cambiamento nella loro vita (a parte come al solito sperare che non aumentino le tasse). Oggi la politica, soprattutto in Italia si riduce a una gestione dell’economia, Berlusconi è stato votato proprio nella errata convinzione che siccome era ricco avrebbe saputo rendere ricca anche l’Italia, non considerando che quando un ricco ha il potere (specie in una democrazia, senza avere nessun titolo monarchico o nobiliare) pensa solo a sfruttarlo per diventare ancora più ricco, e che sapere fare soldi non significa capire qualcosa dell’economia di uno stato (Berlusconi non sapeva neppure cosa fossero le aliquote iva perché ha sempre avuto dei commercialisti che si sono occupati di pagare ed evadere le tasse per lui), non dovette proporre nessuna idea e nessun valore particolare per essere eletto, bastò il fatto che potesse fingersi un “uomo nuovo” e non coinvolto nella corruzione di tangentopoli (e non far notare agli italiani che era uno dei migliori amici di Craxi, che grazie a Craxi aveva potuto trasmettere a livello nazionale i suoi canali televisivi, e che uno dei manager della Fininvest era già stato arrestato dal pool di mani pulite).

La politica è una scelta di valori e di priorità sulla base di ideali ed idee. Nessun governo può far girare l’economia se alla base non c’è questo, non basta aumentare le tasse per coprire i buchi se poi lo stato sperpera gran parte di quello che guadagna per via dell’incuria e della corruzione, né basta diminuire le tasse per dare un generico impulso alla gente a comprare perché ha più soldi in tasca perché in questo modo si riducono le persone a un puro strumento del consumismo. Se un governo non si impegna a punire chi ruba e chi sfrutta il denaro pubblico, prima di tutto gli stessi politici e banchieri che sono responsabili di usare i soldi di tutti, non può dirsi un vero governo. Se un governo non si sforza di dare delle direttive al popolo, di consigliare cosa è più salutare (mangiare sano, non fumare, non prostituirsi, non discriminare) da cosa è più nocivo (anche rischiando di sbagliare a giudicare), non dimostra di avere nessun rispetto per il popolo; nessun genitore lascerebbe fare e comprare ai propri figli tutto quello che vogliono con la scusa di non limitare la loro libertà. È vero che il popolo non è fatto di bambini, ma le moderne tecnologie lo rendono tale: pensate a tutti gli spot martellanti di macchine e telefonini che ci sono continuamente in televisione, e che cercano di spingere la gente a comprare roba inutile che non gli serve, perché uno stato giusto dovrebbe permettere l’ipnotizzazione generale della società da parte di queste pubblicità? Oppure le catene di fast food, i cui cibi fanno solo male alla salute (danni che poi lo stato dovrà pagare in giorni lavorativi saltati e cure ospedaliere), perché dovrebbe permettere ai suoi cittadini di avvelenarsi dopo aver visto uno spot di McDonald in nome del libero mercato?

L’assenza di valori ha portato alla sempre crescente corruzione, che era limitata nella democrazia cristiana dal timore di Dio, o almeno da un po’ di pudore, per cui si poteva sistemare qualche parente, si poteva prendere qualche bustarella e farsi una casa al mare, i più potenti potevano farsi qualche conto in Svizzera con qualche centinaio di milioni di lire, ma non si arrivava a poter guadagnare milioni di euro come oggi, né si sarebbe potuto devastare una città coi rifiuti come nel caso di Napoli, uccidendo indirettamente migliaia di persone con l’inquinamento. Quando Salvo Lima fu accusato di associazione mafiosa la democrazia cristiana lo sospese dal partito, quando Totò Cuffaro è stato condannato per lo stesso reato Berlusconi gli ha offerto un posto in parlamento per dargli l’immunità, sicuro che nessuno avrebbe detto niente e pochi se ne sarebbero accorti. Siamo passati quindi da dei modesti governanti un po’ ladri nel tempo libero, a ladri che non si sforzano nemmeno di fare i governanti.


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