Aristotele diceva che per definire un oggetto è sufficiente stabilirne il fine: ad esempio una casa deve fornire protezione dagli elementi e possibilmente una certa comodità, se un’architetto costruisce una casa che ci crolla addosso dopo un paio di giorni possiamo dire che quella non di poteva definire “casa” (questo se siete quel genere di persona che sotto le macerie ama dilettarsi con la logica aristotelica).
Anche per definire un uomo si può usare più o meno lo stesso sistema. Qual’è dunque il mio fine? Detto sinteticamente: diventare il più grande storico della storia umana. Semplice, modesto e facile obiettivo.
La storia ha visto molti storici lavorare con diverse finalità e vari metodi: Erodoto scriveva per raccontare le storie passate così come venivano raccontate da chi le aveva vissute o da chi ne tramandava i fatti, interessandosi e credendo più ai punti di vista, alle esperienze e alle credenze degli uomini che non ai fatti; Tucidide si proponeva invece di esporre la nuda verità attraverso il confronto fra diverse fonti e il suo personale giudizio, per lui era importante stabilire che cosa era successo e quali erano le cause di ciò che era successo, la storia era quindi una concatenazione di cause e conseguenze; Sima Qian, il grande storico cinese dell’antichità, considerava che scrivere di storia volesse dire dare degli esempi morali di buona e cattiva condotta, i fatti per lui non hanno nessuna importanza se non come dimostrazione della saggezza o degli errori degli uomini che li hanno causati, la sua storia non è un fluire cronologico di eventi o di uomini ma una carrellata di vizi e virtù; infine Montanelli nel ventesimo secolo ha cercato di portare l’umiltà tra gli storici, che fino ad allora avevano sempre scritto testi specialisti ad uso e consumo dei loro colleghi e delle università, senza raggiungere mai la gente semplice e ignorante (di storia o in generale).
Io mi propongo di riunire queste quattro visioni della storia in una sintesi unica. Il ventunesimo secolo è nato senza storia, uomini come Berlusconi, Bush, Obama, Putin, sono talmente lontani dalle figure eroiche della storia come Mao, Churchill, Nehru, Mandela, Napoleone, Carlo Magno o Augusto, che neanche quelli che hanno la più grande fiducia e ammirazione in questi personaggi riescono a credere che “facciano la storia”, o che di loro possa rimanere più di una pagina in un libro di storia scritto tra 50 o 100 anni. Così ancora di più la gente comune si sente impotente: se neanche “l’uomo più potente del mondo” o un miliardario che è anche a capo di uno stato riescono a scrivere la storia, come si può sentire l’uomo comune? Il compito della storia oggi non è solo, come si dice sempre, quello di insegnare gli errori del passato per non ripeterli, ma soprattutto di dare un’identità e una finalità alle persone comuni, rendendole partecipi del mondo e dandogli il potere di cambiarlo, perchè non si può cambiare quello che non si comprende.