Gli attentati di Parigi e l’avvento del secolo del terrorismo


attentato

Gli attentati di Parigi segnano una svolta storica decisiva, indicano qual è la strada verso cui sta andando il mondo.
Il XXI secolo sarà il secolo del terrorismo, così come il XX è stato quello delle ideologie, e il XIX delle grandi potenze e del colonialismo. Lo sarà perché funziona ed è utile a tutti, esattamente come erano utili le ideologie o la teoria della superiorità della razza bianca.

Quando si studiano certi fenomeni storici, come la costruzione delle piramidi, le crociate o il fascismo, risulta sempre difficile stabilire quali fossero le reali motivazioni che spingevano quegli uomini ad andare in guerra, uccidere, obbedire e combattere. La religione è sempre stata un grosso incentivo per tante opere, nel bene e nel male: le piramidi furono costruite non da schiavi, ma da un esercito di contadini e artigiani che lavoravano per un faraone che era un dio vivente; e, sebbene gran parte dei nobili che guidavano le crociate e dei papi avessero solo interessi economici e politici, la maggior parte dei crociati credeva veramente di combattere per Dio e di potersi conquistare il paradiso così.

 

Oggi però non è più l’era della religione. Mi viene da dire “purtroppo”, perché forse c’era almeno più sincerità allora, tanti combattevano per ideali stupidi e sbagliati, ma perché ci credevano. L’era del terrorismo, invece, non è dominata solo dall’ignoranza (che c’era pure in passato, ma che è più colpevole in un mondo in cui l’informazione è largamente disponibile), ma anche dalla paura e dall’egoismo. Certo c’è ancora chi è disposto a uccidere e morire per la religione, ma sono una ristretta minoranza. Chi si arruola nell’Isis lo fa soprattutto per avere 3-4 mila euro al mese di stipendio, più la possibilità di ottenere bottino dalle città conquistate e stuprare liberamente donne. Sono mercenari uguali ai mercenari di ogni tempo, simili agli zuavi che proteggevano lo stato pontificio nei suoi ultimi anni.

Dall’altra parte, invece, c’è un branco di centinaia di milioni di persone ignare e menefreghiste, i cui soldi delle tasse vengono spesi per produrre fucili mitragliatori, mine, granate, carri armati da esportare in tutto il mondo, o per finanziare la costruzione e il mantenimento di poderose flotte militari per mantenere imperi che non esistono più. Obama dice che si tratta di un “attacco contro l’umanità e i nostri valori”, con le solite patetiche e demagogiche parole che qualunque presidente americano direbbe, sottintendendo che l’occidente è l’umanità, l’unica parte del mondo la cui popolazione ha il diritto di definirsi uomo, tutti gli altri sono meno umani.

Ha ragione Assad a dire che quello che è successo a Parigi i siriani l’hanno vissuto ininterrottamente per 5 anni. La Francia spende 53 miliardi di dollari all’anno nell’esercito, bombarda la Siria e il resto del medio oriente con la Nato, la Libia, controlla il Mali con i suoi giacimenti di uranio per le centrali nucleari francesi, manda i suoi soldati in costa d’avorio quando il regime rischia di crollare. Certo, chi vive in Francia ha grande libertà e sta in pace, ma per chi incontra i bombardieri e i soldati francesi al di fuori della Francia il discorso è molto diverso. Chi nel mondo si congratula per gli attentati non lo fa in nome della religione, e per il fatto che i francesi sono cattolici, ma perché lo vedono come una piccola e parziale vendetta per tutto il sangue versato finora, e per l’ignoranza e l’arroganza mostrate dai civili. Chi si arruola in gruppi terroristici non lo fa in nome della religione e di chissà quale indottrinamento, ma perché ha visto la sua casa bombardata, i suoi familiari uccisi, ed è rimasto solo. L’indottrinamento arriva dopo, ed è indipendentemente dal tipo di religione. I primi terroristi della storia, forse, furono gli zeloti ebrei contro i romani. Ci sono stati terroristi protestanti, le tigri tamil in india, la rivolta dei turbanti gialli e quella dei boxer in Cina che erano di sette buddhiste e taoiste, e pure il “terrore” giacobino durante la rivoluzione francese, che aveva come divinità la dea Ragione. Alla base c’è sempre l’ingiustizia sociale, le prevaricazioni di governi nazionali o stranieri, e, in generale, grandi violenze subite continuativamente e perenne instabilità. È allora che molti decidono che è meglio rischiare il tutto per tutto per cambiare le cose, oppure morire nel tentativo. La religione interviene solo in un secondo tempo, serve a offrire delle scusanti, a indicare certi modi di uccidere, di organizzarsi, di parlare; crea uno schema di idee, di valori, che veicolano e giustificano l’odio ed eliminano il senso di colpa naturale.

 

Distruggere l’Isis non serve a nulla. Le crociate sono continuate anche dopo la conquista della terra santa, e anche dopo che era stata persa nuovamente, usando altri obiettivi: l’Egitto, Bisanzio, persino gli eretici cristiani. Perché ci si era abituati all’idea di crociata, l’obiettivo non aveva nessuna importanza. Ci si era abituati anche ad essere in guerra santa contro i nemici di Cristo. E questo è proprio l’obiettivo di questi attentati: vogliono abituare gli europei all’idea di essere in uno stato di guerra perenne, in cui tutto è consentito allo stato per raggiungere la vittoria.

Distruggere l’Isis non serve anche perché quei territori continueranno ad esistere, e qualcun altro li dovrà governare. Si potrebbe ritornare al colonialismo, ma amministrare direttamente il medio oriente sarebbe costoso e provocherebbe rivolte. Si potrebbero creare degli stati fantoccio servi degli americani o dei russi, ma sarebbero mal governati e alimenterebbero anch’essi il terrorismo. Si potrebbe lasciarli liberi di governarsi come vogliono, ma le influenze esterne ci sarebbero comunque, anche se pubblicamente si decidesse il contrario.

Non esiste nessuna soluzione semplice per risolvere il problema, e in realtà non esiste nessuna soluzione e basta. Il caos in medio oriente rimarrà ancora almeno per qualche secolo immagino, è difficile immaginare un possibile scenario diverso nel breve o medio periodo, a meno che non nasca in qualche modo un grande stato simile all’impero persiano e ottomani che abbatta tutti i confini, e che riesca a sopravvivere alle tensioni interne ed esterne e a fiorire.

 

Il terrorismo rimarrà con noi sicuramente per la durata di tutta la nostra vita, e di quella dei nostri figli e nipoti almeno. Oggi uccidere è molto semplice, le armi moderne hanno un potenziale distruttivo spaventoso, sono diffuse in tutto il mondo, e in tutto il mondo ci sono campi di addestramento e persone che, per una ragione o per l’altra, diventano esperti in tecniche di combattimento senza essere inquadrati in un esercito ordinario. La grande disponibilità di armi, di uomini in grado di usarle, e la presenza di servizi segreti di vari stati con i soldi, la tecnologia, e la volontà di impiegare o assecondare questi uomini, fa sì che il problema del terrorismo potrà solo peggiorare nei prossimi anni.

Peggiorerà soprattutto perché chi vuole realmente sconfiggerlo non capisce che è proprio producendo ancora più armi, facendo ancora più guerre di conquista, e dando ancora più soldi e potere ai servizi segreti, che non si fa altro che finanziare le cause del terrorismo stesso.

Libri su terrorismo e islam

  • Terrorismo occidentale. Da Hiroshima ai droni

    In un dialogo appassionato, Noam Chomsky e Andre Vltchek, osservatori acuti e partecipi di ciò che accade in ogni angolo del globo, affrontano senza pregiudizi i peggiori crimini compiuti dall’Occidente dal secondo dopoguerra a oggi. Muovendosi nelle diverse aree geopolitiche, dall’Europa orientale al Sudest asiatico all’Africa al Medio Oriente al Sudamerica, il grande studioso e il giornalista d’inchiesta svelano gli interessi dell’imperialismo che sempre si celano dietro a guerre, massacri, miseria. Ma se entrambi hanno dedicato la vita alla lotta, scontrandosi continuamente con la censura dei paesi “liberi”, è perché sanno anche cogliere, nello scenario desolante del mondo governato dall’Occidente, motivi di rinnovamento e di speranza in un mondo finalmente libero dal terrore e dalle sue cause.

  • Terrorismo e antiterrorismo nel XXI secolo

    Le pratiche disumane di Guantanamo o l’occupazione militare dei territori in Afghanistan e in Iraq hanno alimentato – e non prosciugato – l’odio verso l’Occidente, il fervore nazionalista e l’estremismo religioso, miscela esplosiva del terrorismo del nuovo millennio. Domenico Tosini analizza lucidamente questo panorama desolato, e sostiene che il solo modo per combattere – e vincere – la nuova guerra al terrorismo passa per la comprensione della sua logica e delle sue motivazioni politiche e religiose. Il primo capitolo affronta il problema della definizione di terrorismo. I due capitoli successivi esplorano le forme che esso ha assunto dal secondo dopoguerra a oggi e il terzo capitolo ne analizza le cause. Gli ultimi due capitoli sono dedicati alle reazioni delle società colpite dal terrorismo e agli ‘errori’ della guerra americana.

  • Psicologia del terrorismo

    Il libro presenta lo stato dell’arte in tema di psicologia del terrorismo, con una rassegna critica delle ricerche più importanti e accreditate: uno strumento indispensabile per gli specialisti in ambito clinico, criminologico, forense, sociologico, ma anche prezioso per i decisori politici e gli operatori dell’antiterrorismo. Ne risulta un campo di indagine in piena, intensa (e complessa) fase nascente. Si evidenzia, fra l’altro, non solo come i terroristi siano scevri da una psicopatologia specifica, ma anzi quanto stano spesso persone spaventosamente “normali”. Emerge comunque una mappa dei processi psicologici del terrorista, con implicazioni utili per il contrasto dell’estremismo violento. In questa nuova edizione Horgan sviluppa ulteriormente il suo modello del ciclo IED (Involvement, Engagement, Disengagement). Sulla base di un’ampia ricerca, con interviste a terroristi e abbondanti case study (dal terrorismo politico europeo, IRA, RAF, BR e altri, fino all’attuale jihadismo), Horgan presenta un’edizione del tutto riveduta e ampliata del suo testo, già acclamato alla sua prima apparizione dagli addetti ai lavori.

  • L’islam: Una religione, un’etica, una prassi politica

    L’Islam non è soltanto una religione, ma una concezione globale e integrata della storia, della cultura, dell’etica, del diritto. D’altro canto, proprio perché è vicino alle altre religioni monoteistiche, spesso si crede di conoscerlo incorrendo in pregiudizi e luoghi comuni.
    Bausani da un lato mette in evidenza l’originalità dell’islamismo, pur segnalando l’essenziale identità del suo monoteismo con quello ebraico-cristiano; e dall’altro cerca di soddisfare la curiosità di un occidentale su quello che il musulmano medio crede, pensa e sente. Si sofferma in particolare sulla teologia, la legge canonica e la mistica dell’Islam sunnita. Ma illustra ampiamente anche la Si’a e le altre correnti radicali che hanno sempre giocato un ruolo significativo nella storia dell’Islam e che sono oggi alla ribalta.

  • Islam: l’identità inquieta dell’Europa. Viaggio tra i musulmani d’occidente

    Nata dal matrimonio tra un iraniano e un’italiana, Farian Sabahi è cresciuta in una famiglia laica ma culturalmente consapevole della propria doppia radice. Ed è a partire da qui, da questa origine spaccata a metà, che l’autrice intraprende il suo viaggio attraverso alcune città europee, per dar voce ai musulmani di seconda e terza generazione che, come lei, hanno reso l’esperienza della migrazione una componente essenziale della propria identità. Le moschee o i centri islamici di Parigi, Ginevra, Londra, Amburgo diventano in questo reportage luogo d’espressione di un sentire collettivo e occasione per dare la parola a studiosi, autorità religiose, fedeli e convertiti su questioni cruciali del dibattito contemporaneo.


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