Lo stato italiano qualche giorno fa ha avuto l’onore di avere il primo rapporto sulla criminalità fatto da un ministro dell’interno palesemente e risaputamente mafioso come Alfano, un piccolo avvocatucolo della mafia. Tutte le televisioni hanno sottolineato che il 30% degli omicidi ha come vittima le donne, per quegli strani paradossi del berlusconismo che portano le televisioni a promuovere per 30 anni vallette mute e mezze nude, per poi accusare dopo così tanto tempo gli uomini che, nati e cresciuti in quella cultura, odiano le donne e le considerano degli oggetti. Diminuiscono gli omicidi ma aumentano quelli delle donne, un trend del resto che esiste da 20 anni, perché gli omicidi passionali e in famiglia sono aumentati quasi costantemente dall’inizio degli anni ’90, mentre tutti gli altri tipi di omicidi sono gradualmente discesi (anche per merito della pax mafiosa garantita da Berlusconi, che ha posto fine alle guerre della mafia contro lo stato e dei vari clan tra di loro).
Ma quel 30% di donne non comprende le trans. Non che io ne sia sicuro, ma immagino che chi compila queste statistiche si attenga, in stile carabiniere che compila il verbale, alla realtà dei documenti. Le donne uccise nel 2012 sono state poco più di cento, le trans solo cinque. Ma le trans sono molte meno delle donne, molte meno del 5% della popolazione femminile, quindi in senso assoluto è un numero più alto che denota una maggiore violenza contro di loro. Ancora di più se si considera che ci saranno sicuramente diversi omicidi di cui non si sa nulla, straniere che nessuno ha reclamato e i cui cadaveri saranno stati sepolti o bruciati da qualche parte.
Ma di questo non se ne parla mai, perché è una violenza che è data per scontata. È ritenuta alla fine normale e quasi giusta dalla maggior parte delle persone: se sei così appariscente, se ti prostituisci, se hai una sessualità strana e chissà quali frequentazioni, te la cerchi la violenza. Senza considerare che tutte le trans sarebbero felici di essere perfettamente femminili, non è che ci godano a essere delle bestie da circo additate da tutti per strada; che non tutte si prostituiscono, e la maggioranza lo fa perché non sa come altro sopravvivere e la società non le offre alternative, o perché sono costrette con la forza; che non c’è nulla di particolarmente strano o perverso nel corpo e nella sessualità di una trans, la perversione sta nella mente degli uomini (e delle donne) che le vedono come qualcosa di diverso da semplici persone.
La storia di Andrea presentata nel video è una delle tante storie che passano sotto silenzio, e che non arrivano mai in televisione perché nei telegiornali si può parlare di trans solo se hanno rapporti con politici (sempre solo di sinistra ovviamente) come Marrazzo e Sircana, o con personaggi famosi come Lapo Elkann. Per caso pochi giorni dopo l’intervista è stata trovata uccisa a bastonate sui binari della stazione. Se non l’avessero intervistata di lei non sarebbe rimasto nulla, se non il vago ricordo dei passanti della stazione di Termini, solo qualche trafiletto su due o tre giornali. E a proposito di giornali solo la Repubblica e un paio di siti online parlano di lei al femminile, tutti gli altri come sempre accade scrivono “del trans ucciso”, oppure in un caso passano dal maschile al femminile a seconda dei momenti.
In Colombia la vita per le trans è molto dura. È il paese nel mondo con la più alta percentuale di omicidi di trans (solo l’anno scorso sono stati 65, su una popolazione di 46 milioni), per questo ci sono molte colombiane in Italia, e se anche subiscono violenze comunque sopportano, perché sono abituate a una vita ben peggiore. In Brasile è molto simile, con 465 trans uccise nel 2012.
Gli italiani queste cose non le sanno, non si immaginano il livello di violenza di quei paesi. E le statistiche non tengono conto degli abusi della polizia e di gruppi organizzati che non terminano in omicidio: le violenze sessuali, le torture, le bastonature e le rapine.
L’Italia all’apparenza non è un paese violento, sia con le trans che in generale. Ma lo stato e la società italiana uccidono in modi più subdoli, non hanno gli squadroni della morte come in Brasile, ma non regolamentando la prostituzione la lasciano nelle mani della criminalità organizzata, permettendone le violenze e impedendo anche un controllo sanitario che diminuirebbe di molto le malattie veneree. La transessualità non è proibita dalla legge, ma l’unica legge a riguardo risale al 1982, e riguarda solo l’operazione di cambio di sesso e la modifica dei documenti; a parte quello lo stato non si occupa minimamente delle trans, che sono abbandonate a se stesse: non fa nulla per agevolarle a trovare lavoro, non punisce le discriminazioni e i crimini d’odio contro le trans e non fa nessuna informazione per educare la popolazione. Negli ultimi anni qualche trans ha avuto una certa visibilità in televisione, così come i gay pride hanno quasi abituato anche a sfilate di trans, ma è sempre come a carnevale: la società permette queste eccezioni a patto che siano una volta l’anno, o che si tratti di una o due persone eccentriche come Luxuria o Platinette; per il resto non ci possono essere matrimoni gay, due uomini non possono baciarsi per strada senza dare scandalo, e praticamente nessun uomo ha il coraggio di dichiarare pubblicamente che è innamorato di una trans. E non si istiga pubblicamente a massacrare le trans, ma quando questo succede non fa notizia, né desta particolare sdegno, il che alla fine è un invito a farlo, come insegnava Hitler quando lasciò che la popolazione distruggesse i negozi degli ebrei limitandosi a non fermarla, ma senza far partecipare attivamente i suoi uomini. Insomma le trans non sono ufficialmente perseguitate, ma sono cittadini di serie b, diciamo anche serie c vicino alla retrocessione.
La responsabilità di questo, come detto all’inizio, ricade in gran parte su Berlusconi. Il clima culturale creato dalle sue televisioni e dalla sua figura non hanno fatto altro che educare gli uomini (e anche le donne) al disprezzo delle donne, e ancor più delle trans. E la totale inattività e mancanza di senso di responsabilità, che ha contagiato anche tutti gli altri politici, ha fatto si che non ci fosse mai attenzione nel fare nuove leggi. Paradossalmente la legge del 1982 venne approvata dalla democrazia cristiana, che nonostante i rapporti stretti con la Chiesa dimostrò di saper anche governare. Berlusconi non ha mai affrontato il problema semplicemente perché non gliene frega niente, come non gliene frega niente di tutto quello che non sono le donne, i soldi, e le sue proprietà.
Questo menefreghismo è lo stesso che accompagna la morte di trans come Andrea. Un menefreghismo crudele che si mostra nel continuare a chiamarla al maschile anche dopo morta, infierendo anche sul suo cadavere. Un menefreghismo falsamente innocente, di chi nemmeno si rende conto del male che sta facendo, ma non ha voglia di perdere tempo per saperlo.
Gli italiani non si rendono conto che se gli ospedali e le scuole hanno sempre meno risorse, se a Napoli o a Taranto la gente muore di tumore per i rifiuti o per l’Ilva, se lo stato si è indebitato oltre ogni limite e non ha fatto nulla contro la crisi, è sempre per quel menefreghismo.
Gli italiani non capiscono che le trans saranno pure cittadine di serie c, ma loro sono di serie b, e tra un po’ verranno anche retrocessi.
Ma nella loro ignoranza continuano ad adorare Berlusconi o a perdere tempo ad odiarlo, e si consolano delle loro disgrazie disprezzando e punendo chi, come le trans, sta peggio di loro ed è più debole. Non capiscono che affinché ci sia uno stato vero e giustizia per tutti bisogna eliminare personaggi come Berlusconi, Vespa, Renzi, Ferrara, Veltroni, Bondi, Razzi, Alfano… finché rimarranno vivi e al potere loro, lo stato non potrà esistere. O saranno loro a morire bastonati, o saranno i più deboli come Andrea, come è accaduto finora. Come diceva Robespierre “devono morire perché lo stato possa vivere”. Devono morire perché uccidono ogni giorno, anche se sempre indirettamente, e uccidono di più e in maniera peggiore di dittatori come Putin. E devono morire tutti, perché se venisse eliminato solo Berlusconi, come è successo a Craxi, tutti quelli che lo hanno appoggiato e servito rimarrebbero al loro posto e continuerebbero peggio di prima, trovando presto un nuovo padrone all’ombra del quale vivere, si chiami Grillo o Piersilvio.
Libri sulle trans e la transessualità
- LadyMen. Una donna racconta le trans. “Ladymen “è la ricognizione in una realtà umana, quella delle persone trans, legata ai mutamenti sociali del nostro Paese, ma ancora riduttivamente abbinata solo allo scenario del degrado e della cronaca nera, soprattutto e in modo deflagrante dopo i recenti scandali sessual-politici. In questo libro d’inchiesta dal tono inconsueto, a raccontare non solo vicende di cronaca ma, soprattutto, storie di umanità, è un’autrice che vuole sfatare i pregiudizi e superare l’asetticità delle statistiche. Si scoprono così un cambiamento nel rapporto di attrazione “segreto” tra maschi e trans, relazioni contrastanti all’interno della comunità transessuale, ma anche una solidarietà tra chi nasce donna e chi, attraversando la transizione, verrà rimessa al mondo correggendo un errore della natura. Dalla prostituzione alla lotta per un riconoscimento e un lavoro regolari, dalle attività delle associazioni fino al cambio di sesso, nell’indagine umana cade anche l’ultimo velo, quello di un uomo che racconta come è iniziata la sua relazione fisica con le trans. Con uno stile quasi narrativo e costanti rimandi critici alla prima persona, l’autrice si addentra nella vita delle persone transessuali, con uno sguardo inedito proprio perché non militante ed “esterno”. E propone ai lettori un’empatia che travalica sessi e generi, per abbattere tabù e reciproche diffidenze tra uomini, donne e trans. Postfazione di Alessandro Cecchi Paone.
- “No Gender Left Behind.” Libro in inglese di Rebecca Kling, trans americana, ebrea e artista, che raccontando una serie di aneddoti della sua vita per cercare di spiegare cosa sia la transessualità.
- “Favolose narranti. Storie di transessuali.” Questo libro ricostruisce attraverso il racconto e le testimonianze, l’esperienza transessuale nel nostro paese, il suo mutare nel tempo, ma soprattutto l’emergere del fenomeno transessuale nella sua odierna complessità. Ai racconti delle protagoniste che ci offrono un’immagine nitida della realtà transessuale in Italia, facendone emergere i risvolti umani, sociali, psicologici, politici, si affiancano gli interventi di alcuni testimoni privilegiati che affrontano i principali nodi problematici dell’esperienza trans: il rapporto con il mondo gay, con il femminismo e il lesbismo, con i servizi e l’inserimento sociale e lavorativo, con lo spettacolo, con la scienza e la medicina. Un libro che smonta pregiudizi, semplificazioni, strumentalizzazioni politiche.