L’Iliade rappresenta il cuore della cultura della Grecia arcaica, in essa sono espresse tutte le sue credenze, le idee sugli dei, i rapporti sociali, la visione della violenza e dell’eroismo, che contraddistinguevano quella società. Per questo è stata sempre oggetto di studio a scuola in tutti i paesi europei o di colonizzazione europea da quando sono state create le scuole dell’obbligo, si sono fatti anche diversi film sia sull’Iliade che sulla mitologia greca in generale.
Ma diverse cose hanno finito per essere tramandate male, e la gente ha alcune false convinzioni molto diffuse sull’Iliade. Ad esempio la storia della immortalità di Achille non esiste nel poema originale di Omero, né c’è da qualche altra parte nella tradizione greca, ad esempio nei Cypria, i canti che raccontavano l’intera storia della guerra di Troia con anche gli eventi della sua caduta (che non ci sono nell’Iliade). Da dove viene allora il mito di Achille immerso nello Stige dalla madre che però si dimentica di immergere anche il tallone? È di invenzione romana, e fu il poeta Stazio nella sua Achilleide a creare questa storia, poi essa venne tramandata nel medioevo divenendo popolare, perché per molti secoli nell’Europa occidentale si era persa la conoscenza del greco e quindi per conoscere il mondo antico ci si poteva basare solo sui testi in latino (o sulle traduzioni arabe dei testi greci provenienti da Bisanzio).
In realtà Achille nel mito originale non era affatto immortale, aveva già una armatura e delle armi divine e dei cavalli immortali, se poi fosse stato lui stesso immortale sarebbe stato troppo. Achille viene anche ferito in una occasione nell’Iliade, e nelle raffigurazioni sui vasi greci è spesso ritratto trafitto dalle frecce.
L’altro famoso mito che non c’entra con l’Iliade è il cavallo di Troia. L’Iliade tratta solo di una piccola parte della guerra, e non descrive la presa di Troia ma si conclude con il funerale di Ettore. La storia del cavallo di Troia era contenuta nella Piccola Iliade, uno dei poemi del ciclo troiano (come i Cypria citati sopra) che raccontavano il resto della storia non trattata nell’Iliade, ed era comunque tra i greci nei secoli successivi parte del patrimonio tradizionale, perché queste storie venivano cantate, rappresentate da attori di strada e a teatro, e così sono sopravvissute. Anche nel caso del cavallo di Troia esso è arrivato a noi grazie a un altro poeta latino: Virgilio, che ne parla nell’Eneide.
La storia nel corso dei secoli (ma spesso anche dei decenni o degli anni) modifica le storie che vengono tramandate, anche quelle che, almeno in parte, sono state scritte. La scrittura non salva il contenuto di un’opera, non solo perché ci sono sempre argomenti di cui gli scritti non parlano, e che sono lasciati alla tradizione orale e al mito popolare, ma anche perché ci sono parti di una stessa opera che sono lette da tutti, o almeno da tante persone, ed altre che vengono considerate minori e ignorate. Così gli uomini si costruiscono il loro passato, a volte guadagnandoci e a volte perdendoci, a seconda che ciò che si è aggiunto successivamente modificando la storia originale abbia più o meno valore.
Non dovrebbe la storia originale, quella “vera”, avere sempre più valore? No, non necessariamente. Coloro che vivono come contemporanei di un evento o di un particolare periodo possono certo offrire fatti e opinioni probabilmente più vicini alla realtà di quanto accaduto, o almeno all’idea che i contemporanei avevano di quel fatto. Ma questo è solo una parte del valore della storia, esiste anche un valore intrinseco che trascende i tempi e le verità storiche, e si può notare particolarmente nella letteratura.
Le storie del ciclo troiano erano cantate e rappresentate in tutta la Grecia nei secoli successivi, erano racconti di battaglie e scontri epici che piacevano alla gente, inoltre il fatto che Troia fosse stata distrutta dava legittimità e onore alle popolazioni greche che si consideravano eredi degli achei.
L’Iliade però evitava di parlare della caduta di Troia per una buona ragione: Omero voleva evitare di parlare di massacri e di vittoria, ma dare una conclusione più serena e riconciliante della vicenda, indice già di quello che sarebbe stato l’equilibrio e la compostezza nell’arte greca dei secoli successivi. La guerra è sporca e non lascia dei risultati duraturi, quello che è guadagnato oggi può essere perso domani, e anche la conquista di una città importante oggi tra due o trecento anni non sarà nemmeno ricordata. Quello che si può ricordare è lo scontro tra gli eroi, la lotta in nome del proprio onore, ma anche questo nell’epoca di Omero incomincia a scricchiolare: la kleos, la fama individuale dei guerrieri, man mano che si sviluppano le poleis si trasformerà in una kleos collettiva, un senso di cittadinanza e di dovere cittadino che porterà poi alla vittoria delle guerre persiane. L’Iliade sembra dire “sì l’onore e la fama degli eroi è epica e bella da raccontare, ma alla fine tutto finisce nella morte, e a quel punto tutto sembra insulso”. Così l’Iliade si conclude con i funerali di Ettore, dopo il riscatto del suo cadavere da parte di Priamo, a spegnere la rabbia di Achille dell’inizio del poema in un lutto rispettoso e condiviso da entrambe le parti per l’eroe troiano morto.
L’Iliade ha quindi un messaggio pacifista, sulla vanità della guerra e delle ambizioni personali, non è semplicemente una storia di guerra che esalta uno schieramento e disprezza l’altro.
Questo si trova poi ulteriormente confermato nell’Odissea, quando Ulisse discende nell’Ade e incontra l’anima di Achille e lo saluta esaltando la sua fortuna e la sua fama Achille gli risponde cupamente che non c’è nulla della sua sorte che meriti di essere invidiato, e che piuttosto che essere un famoso eroe morto nell’Ade preferirebbe essere il servo di un povero contadino ma vivo.
A scuola si studia sempre l’inizio dell’Iliade con la rabbia di Achille, e lo scontro con Ettore e la sua morte, ma ci si dimentica di raccontare l’altra parte della storia. E non è solo una questione moderna, Alessandro Magno nel suo viaggio di conquista portava sempre con sé una copia dell’Iliade, che metteva sotto il cuscino la notte, ma non era interessato all’Odissea e a quel discorso dello spettro di Achille, e questo nel bene e nel male si vide nella effimera creazione del suo gigantesco impero, nella sua fama millenaria e nelle sanguinose guerre che coinvolsero i suoi successori. A dimostrazione di come non si tratti solo di racconti, ma che a seconda di quali storie vengono tramandate e di come vengono raccontate si formano gli uomini delle nuove epoche. I miti e i racconti della storia passata quindi forgiano il presente, e a seconda di quali si ricorda e di come li si interpreta determinano se il futuro sarà migliore del passato.
Una risposta a “L’Iliade esempio di come il ricordo del passato influenzi il futuro”
Max, non vedo nessun articolo..