L’incontro tra Creso e Solone e la nuova kleos di Erodoto


Erodoto racconta nel suo libro “Storie” dell’incontro tra Creso, il ricco re della Lidia, e Solone, il famoso legislatore ateniese. Creso amava mostrare la sua ricchezza e stupire chi lo andava a trovare, e così quando arrivò Solone gli chiese chi fosse l’uomo più felice che avesse mai incontrato. Solone, che aveva capito benissimo che il re voleva sentirsi dire che indubbiamente era lui l’uomo più felice della terra, ci pensò un po’ e poi disse “Certamente, signore, Tello di Atene”, Creso rimase stupito non avendo mai sentito questo nome e gli chiese chi fosse, e Solone spiegò “Tello in un periodo di prosperità per la sua patria ebbe dei figli sani e intelligenti e tutti questi figli gli diedero dei nipoti che crebbero tutti; lui stesso poi, secondo il nostro giudizio già così fortunato in vita, ha avuto la fine più splendida: durante una battaglia combattuta a Eleusi dagli Ateniesi contro una città confinante, accorso in aiuto, mise in fuga i nemici e morì gloriosamente; e gli Ateniesi gli celebrarono un funerale di stato nel punto esatto in cui era caduto e gli resero grandissimi onori”. Allora Creso gli chiese quale fosse la seconda persona più felice, sperando di essere almeno al secondo posto, e Solone rispose “Cleobi e Bitone, entrambi di Argo, i quali ebbero sempre di che vivere e oltre a ciò una notevole forza fisica, sicché tutti e due riportarono vittorie nelle gare atletiche; di loro tra l’altro si racconta il seguente episodio: ad Argo c’era una festa dedicata a Era e i due dovevano assolutamente portare la madre al tempio con un carro, ma i buoi non giungevano in tempo dai campi; allora, per non arrivare in ritardo, i due giovani sistemarono i gioghi sulle proprie spalle, tirarono il carro, sul quale viaggiava la madre, e arrivarono fino al tempio dopo un tragitto di 45 stadi. Al loro gesto, ammirato da tutta la popolazione riunita per la festa, seguì una fine nobilissima: con loro il dio volle mostrare quanto, per un uomo, essere morto sia meglio che vivere. Intorno ai due giovani gli uomini di Argo ne lodavano la forza, mentre le donne si complimentavano con la madre che aveva avuto due figli come quelli; e la madre, oltremodo felice dell’impresa e della grande reputazione derivatane, si fermò in piedi di fronte all’immagine della dea e la pregò di concedere a Cleobi e a Bitone, i suoi due figli che l’avevano tanto onorata, la sorte migliore che possa toccare a un essere umano. Dopo questa preghiera i giovani celebrarono i sacrifici e il banchetto e poi si fermarono a dormire lì nel tempio; e l’indomani non si svegliarono più: furono colti così dalla morte. Gli Argivi li ritrassero in due statue che consacrarono a Delfi, come si fa con gli uomini più illustri”.

Creso allora spazientito domandò a Solone come mai sminuisse così tanto la sua condizione da ritenere che degli uomini qualunque di cui nessuno aveva mai sentito il nome fossero più felici di lui. Solone gli rispose così “Creso, tutto per l’uomo è provvisorio. Vedo bene che tu sei ricchissimo e re di molte genti, ma ciò che mi hai chiesto io non posso attribuirlo a te prima di aver saputo se hai concluso felicemente la tua vita. Chi è molto ricco non è affatto più felice di chi vive alla giornata, se il suo destino non lo accompagna a morire serenamente ancora nella sua prosperità. Infatti molti uomini, pur essendo straricchi, non sono felici, molti invece, che vivono una vita modesta, possono dirsi davvero fortunati. Chi è molto ricco ma infelice è superiore soltanto in due cose a chi è fortunato, ma quest’ultimo rispetto a chi è ricco è superiore da molti punti di vista. Il primo può realizzare un proprio desiderio e sopportare una grave sciagura più facilmente, ma il secondo gli è superiore perché, anche se non è in grado come lui di sopportare sciagure e soddisfare desideri, da questi però la sua buona sorte lo tiene lontano; e non ha imperfezioni fisiche, non ha malattie e non subisce disgrazie, ha bei figli e un aspetto sempre sereno. E se oltre a tutto questo avrà anche una buona morte, allora è proprio lui quello che tu cerchi, quello degno di essere chiamato felice. Ma prima che sia morto bisogna sempre evitare di dirlo felice, soltanto “fortunato”. Certo, che un uomo riunisca tutte le suddette fortune, non è possibile, così come nessun paese provvede da solo a tutti i suoi fabbisogni: se qualcosa produce, di altro è carente, cosicché migliore è il paese che produce più beni. Allo stesso modo non c’è essere umano che sia sufficiente a se stesso: possiede qualcosa ma altro gli manca; chi viva, continuamente avendo più beni, e poi concluda la sua vita dolcemente, ecco, signore, per me costui ha diritto di portare quel nome. Di ogni cosa bisogna indagare la fine. A molti il dio ha fatto intravedere la felicità e poi ne ha capovolto i destini, radicalmente”.

Molti considerano Erodoto un cattivo storico, o un credulone, che riporta certe storie mitiche o di dubbie origini non facendo un esame critico delle sue fonti, come invece dovrebbero fare gli storici moderni. Il volontario esilio con cui Solone (iniziato dopo la sua riforma, avvenuta nel 594 o 591 a.C.) si era allontanato da Atene non coincide, per poco, con la vita di Creso (morto nel 596 a.C.), quindi l’incontro tra i due è chiaramente un falso e non può mai essere avvenuto. Ma Erodoto scriveva a un secolo e mezzo di distanza da quegli avvenimenti, e sia la vita di Creso che la riforma di Solone erano avvenimenti importanti e ben documentati, quindi non è possibile che non fosse in grado di capire che si trattava di una invenzione, se Erodoto ha messo comunque nel suo libro questo episodio è perché lo riteneva importante indipendentemente dalla sua verità storica.

Questo racconto è nel primo libro delle “Storie”, non proprio all’inizio del libro ma quasi, e voleva essere da parte di Erodoto un modo per spiegare come bisogna guardare alla storia e alla vita. I greci erano riusciti a battere i persiani, per questo erano euforici e pensavano che quella vittoria fosse un segno della loro superiorità rispetto alla civiltà persiana; gli ateniesi incominciavano a costruire il loro impero, a pensare solo ai soldi e al commercio; gli spartani erano rimasti fermi al modello del guerriero omerico, che si guadagna col suo eroismo un posto nei campi elisi. Erodoto cerca di proporre un modello alternativo di cosa voglia dire “vivere bene” ed “essere realmente felici”, un nuovo modello di kleos (fama o gloria) che sostituisca quella che si trova nell’Iliade, in cui la massima gloria è morire in battaglia con gli dei al proprio (questo dice Aiace al figlio “combatti, ma con gli dei sempre al tuo fianco”). Erodoto presenta invece una kleos moderna e pacifica, adatta a una società in cui le guerre sono un po’ più rare e non sono comunque il centro della vita di un uomo; nel contempo criticando Creso critica la ricchezza di Atene e l’importanza che gli ateniesi danno al denaro, sia perché la ricchezza è una condizione soggetta a continui mutamenti e quindi non si può definire un uomo o uno stato felice solo perché al momento è ricco, sia perché la ricchezza è solo una parte delle tante cose di valore che può offrire la vita.

Erodoto nel suo libro racconta dello scontro con i persiani, e immagina i suoi lettori greci che prendono il suo libro per gloriarsi delle loro vittorie passate, per sentirsi dire come sono fortunati ad essere nati in Grecia, a far parte di quella cultura, e ad essere liberi e indipendenti. Il racconto di Creso e Solone serviva per ammonire quei lettori della precarietà della felicità umana e del successo (sia esso economico o militare), perché la storia deve servire a renderci uomini migliori, non a gloriarci del nostro passato. Inoltre tutto il libro delle Storie è stato scritto probabilmente da Erodoto per ricordare ai greci il tempo in cui avevano combattuto insieme contro i persiani, mentre quando lui stava scrivendo incominciava la guerra del Peloponneso tra Sparta e Atene; era quindi un invito all’unità, al ricordare le cose in comune che legavano le due città. La storia di Creso e Solone sintetizza i valori che avevano aiutato i greci a vincere contro Serse: la disciplina, lo spirito di sacrificio, il rispetto per gli dei e per la patria. Queste virtù, che erano state usate in tempo di guerra, potevano essere usate in pace per costruire una società migliore, combattendo solo quando è strettamente necessario e inevitabile, creando un mondo di uomini senza un grande nome ma felici, invece del mondo omerico di pochi eroi destinati a una fine gloriosa e una marea di uomini qualunque che muoiono anonimamente per il capriccio degli dei e degli uomini.


You are not authorized to see this part
Please, insert a valid App IDotherwise your plugin won’t work.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Plugin from the creators ofBrindes :: More at PlulzWordpress Plugins