Somiglianze tra l’Iran sotto embargo e la Francia rivoluzionaria


La situazione della Francia rivoluzionaria nel 1792 è utile per tracciare delle analogie con la presente situazione dell’Iran.
Allora la rivoluzione aveva già vinto, ma il re non era ancora stato decapitato. La Francia era preda di varie tensioni interne, dal momento che le diverse fazioni dei rivoluzionari continuavano a lottare tra loro e non c’era un forte potere centrale che avesse il controllo del paese. La rivoluzione era scoppiata anche perché il popolo era affamato per via dei cattivi raccolti degli ultimi anni, e lo stato francese non aveva soldi avendo dichiarato diverse volte bancarotta negli ultimi anni, per via delle spregiudicate guerre del re sole e delle fallite imprese coloniali che portarono al fallimento la neonata banca nazionale di Francia; l’inettitudine di Luigi XVI fece il resto nell’affossare la Francia.
In più l’anno prima l’imperatore Sigismondo II (imperatore d’Austria e del sacro romano impero, nonché fratello di Maria Antonietta) e il re prussiano Federico Guglielmo II avevano firmato la dichiarazione di Pillnitz, in cui si dicevano pronti ad intervenire se i francesi avessero minacciato la vita del re, specificando comunque che l’Austria avrebbe dichiarato guerra solo se tutte le altre grandi potenze europee avessero fatto altrettanto (questo perché Sigismondo sapeva che il primo ministro inglese William Pitt non ne voleva sapere di combattere in Europa, e sperava di evitare così di dover fare la guerra da solo o quasi). La dichiarazione fu fatta più che altro per accontentare gli emigrati francesi, i nobili che erano scappati dalla rivoluzione e avevano chiesto aiuto al resto d’Europa, non c’era veramente l’intenzione di entrare in guerra con la Francia, anche se la rivoluzione era sempre più preoccupante. I francesi tuttavia non lo capirono, e presero la dichiarazione come una concreta minaccia di guerra imminente, idea che aumentò l’influenza dei rivoluzionari più radicali che volevano la repubblica e che fosse la Francia a dichiarare guerra preventivamente contro le altre potenze reazionarie europee, considerando che visto che tanto bisognava farla quella guerra tanto valeva almeno cercare di prenderle di sorpresa.

L’Iran è oggi in una situazione molto simile. Non è alla fame, ma l’inflazione è ormai quasi fuori controllo e il malcontento aumenta costantemente nella popolazione. L’Iran è sempre più accerchiato da nemici con tutti gli stati fantoccio in cui gli americani hanno delle basi militari (Iraq e Afghanistan), gli stati amici o alleati (Israele, Arabia Saudita, e Qatar), e la Turchia, membro della nato che se entrasse in guerra potrebbe portare con sé tutta la coalizione. In più si aggiunge il problema della Siria, con il governo di Assad che potrebbe cadere in favore di un altro governo fantoccio americano creando un altro stato nemico lungo i confini.

In una situazione simile il governo iraniano ripone tutte le sue speranze sul programma atomico. Sa che senza una bomba atomica il paese è destinato per forza alla guerra: Saddam è stato attaccato perché sapevano benissimo che non aveva armi di distruzione di massa, e Gheddafi da diversi anni aveva smantellato buona parte delle sue armi chimiche riducendo la preoccupazione nei confronti di un possibile intervento militare straniero, che invece negli anni passati sembrava molto più probabile. Chi ha abbassato la guardia credendo alle promesse di amicizia o almeno di non belligeranza degli americani l’ha pagata cara, i nord coreani invece con le loro antiquate bombe atomiche non hanno mai subito reali minacce, a dimostrazione di come le armi di distruzione di massa siano molto utili quando esistono realmente.

Se quindi il governo iraniano desistesse dal programma di arricchimento dell’uranio per cercare di far cadere le sanzioni firmerebbe la propria condanna a morte, gli americani non farebbero altro che attaccare tra uno o due anni dicendo che hanno le prove che gli iraniani stanno continuando a cercare di fabbricare una bomba atomica. Inoltre le sanzioni contro l’Iran esistevano anche prima del programma atomico, e derivano dal fatto che l’Iran dopo la rivoluzione islamica ha nazionalizzato il proprio petrolio non facendosi sfruttare più come prima dalle compagnie petrolifere americane. Per questo gli iraniani dovettero combattere la guerra contro l’Iraq di Saddam, allora alleato e armato dagli americani. Non c’è quindi da sperare che ci sia nessun cambio di atteggiamento, indipendentemente da quale sarà il nome del presidente colonizzare di nuovo l’Iran come ai tempi dello shah Reza Pahlavi rimarrà sempre uno dei principali obiettivi, almeno finché saranno le compagnie petrolifere e le fabbriche di armi i principali sponsor di tutti e due i partiti e dei principali candidati alla presidenza.

Lo scopo dell’embargo potrebbe essere anche quello di spingere l’Iran sulla stessa strada della Francia rivoluzionaria: cioè fargli dichiarare guerra per primi per disperazione. In questo modo il governo americano potrebbe entrare nel conflitto senza problemi, dando tutta la colpa agli iraniani, e anche trascinandoci tutti gli alleati europei, e sarebbe anche più difficile un coinvolgimento della Russia a fianco dell’Iran se quest’ultimo attaccasse per primo. Certo le sanzioni potrebbero avere come effetto quello di mettere fine al programma atomico iraniano, oppure di far scoppiare una rivolta che possa essere orchestrata dalla Cia e dal mossad in modo da farla credere una rivoluzione, come in Libia, in modo da poter conquistare il paese senza combattere nessuna guerra. Ma entrambe sono ipotesi molto remote perché gli iraniani hanno capito benissimo quanto siano fondamentali le armi atomiche, e l’Iran non ha le divisioni tribali della Libia da poter sfruttare, e il popolo sa che le difficoltà economiche che deve affrontare non solo colpa del governo iraniano ma delle sanzioni che strangolano sempre più il paese. Invece è forse più probabile che il governo iraniano pensi a un attacco preventivo, sperando di vincere la guerra per sfinimento dell’avversario, che è già economicamente provato e dovrebbe spendere cifre folli per combattere contro l’Iran, che ha un esercito con migliaia di carri armati, la più avanzata contraerea fornita dai russi in grado di abbattere decine di aerei, missili che potrebbero colpire le città degli alleati più vicini e gli aeroporti da cui partono i bombardieri americani, missili e navi da guerra che potrebbero affondare le navi americane (cosa che porterebbe in un colpo solo alla morte di centinaia di persone e alla perdita di navi costate miliardi di dollari). Insomma non sarebbe una passeggiata come l’invasione dell’Iraq o dell’Afghanistan, e se l’Iran vincesse potrebbe anche arrivare ad annettersi l’Iraq, l’Afghanistan e magari la Siria se entrasse nel conflitto, ricreando la grande Persia del passato. E a quel punto gli americani ne uscirebbero così indeboliti e gli iraniani così rafforzati che non sarebbe più possibile tenere in piedi le sanzioni, forse gli americani le continuerebbero, ma il resto del mondo se ne fregherebbe e basta, già adesso il non poter commerciare con l’Iran crea grandi perdite a molti stati, banche ed aziende.

Quindi come nel caso dei francesi una guerra offensiva potrebbe essere appetibile per gli iraniani, e se accadesse realmente le fanfare della propaganda con farebbero che porre l’accento sull’aggressività e la crudeltà dei mussulmani, sulla ontologica inferiorità degli arabi che viene ripetuta da un paio di secoli nella retorica imperialista e orientalista, secondo cui, come diceva il buon lord Cromer degli egiziani, “bisogna aiutarli a governarsi visto che non sanno governarsi da soli”.
E giustamente gli occidentali sono così caritatevoli da essere disposti a tutto per aiutarli, anche a massacrarli.

Soprattutto a massacrarli.


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