Thomas Sankara è stato uno dei più grandi leader africani (assieme a Mandela, Nasser e Gheddafi), nonostante non fosse a capo di uno stato ricco con petrolio o diamanti come la Libia e il Sudafrica, ma solo del piccolo, povero e desertico Burkina Faso. Sankara però dimostrò coi fatti come (come diceva don Milani) la grandezza della vita di un uomo non è proporzionale alla grandezza del luogo in cui vive.
La colonizzazione europea da parte soprattutto dei francesi nell’Africa centrale è rimasta viva e presente purtroppo ancora più a lungo che non nel nordafrica e nelle altre parti soggette alla dominazione inglese, ne è un esempio il recente intervento dell’esercito francese in Costa d’Avorio (qui potete trovare un’analisi dei rapporti tra i due paesi), per cui era la Francia che avrebbe meritato di essere bombardata e Sarkozy catturato e impiccato.
Sankara fu il protagonista di una rivoluzione culturale e politica, e il suo carisma gli consentì di guadagnare grande popolarità ed influenza anche sugli altri paesi africani, sia sui politici non asserviti agli interessi dei paesi colonialisti sia sul popolo. Sankara era un sostenitore dell’indipendenza dell’Africa dai suoi vecchi padroni, indipendenza sotto tutti i punti di vista: economica, politica e culturale. Dal punto di vista economico l’opera di Sankara s’incentrava sulla cancellazione del debito dei paesi poveri, anticipando di diversi anni le critiche e le proteste su queste sistema che ha sostituito alla colonizzazione tradizionale una diversa, che non necessita la presenza di truppe sul territorio e di stanziamenti per costruire strade e città e per mantenere l’amministrazione coloniale. I paesi poveri come il Burkina Faso non avevano (e non hanno) nessuna possibilità di ripagare i debiti non potendo investire i pochi soldi che hanno nell’ammodernamento del paese, nella costruzione di infrastrutture e di industrie, nel miglioramento della produzione agricola e delle condizioni di vita della popolazione. Altro punto economico era l’indipendenza alimentare, o quantomeno la riduzione al minimo indispensabile delle importazioni dall’estero, attraverso il miglioramento dell’agricoltura, la lotta alla desertificazione, e l’eliminazione delle importazioni inutili e costose (come le mele e il riso dall’Europa) che potevano essere sostituiti con prodotti locali. Oltre alla produzione agricola Sankara promosse la produzione e il consumo industriale degli africani per gli africani, simboleggiato dalla produzione di cotone e tessitura degli abiti fatta totalmente in Burkina Faso, che aveva il doppio scopo di migliorare l’economia del paese ed aumentare l’autostima della popolazione, che poteva sentirsi più indipendente e con una propria cultura vestendo gli abiti tradizionali burkinabé invece che quelli importati dai paesi ricchi.
L’indipendenza politica formale era stata realizzata con la creazione degli stati africani indipendenti a partire dagli anni ’50, Sankara cercava di andare oltre e rendere gli africani abbastanza uniti da essere anche realmente, e non solo formalmente liberi. Fu un grande sostenitore del panafricanismo, cioè della progressiva unione degli stati dell’Africa se non verso uno stato unico almeno verso una convergenza di interessi che li porti a combattere contro i soprusi, le ingiustizie e gli errori commessi dalle nazioni più ricche e potenti. Anche il problema del debito sosteneva che dovesse essere affrontato da tutti gli stati africani messi insieme, perché solo rifiutando insieme di pagarli avrebbero potuto ottenere successo ed essere ascoltati, e il Burkina Faso era troppo piccolo e debole per combattere da solo contro la Francia e gli altri grandi stati.
L’indipendenza culturale doveva derivare soprattutto dall’abbandono dell’atteggiamento e dell’abitudine a mendicare. Già allora Sankara accusava gli aiuti umanitari come uno strumento di controllo politico da parte delle ex madrepatrie e degli altri stati ricchi, che fornivano gratuitamente cibo invece di aiutare a scavare pozzi, costruire strade, creare e migliorare campi coltivati e fornire macchine agricole e tecnici esperti. In questo modo i paesi africani rimanevano sempre dipendenti e poveri, e la loro economia non poteva svilupparsi sia perché non avevano soldi sia perché la loro povera industria ed agricoltura non poteva fiorire con la concorrenza di tonnellate di aiuti umanitari gratuiti a fargli concorrenza. Ma Sankara non si fermava semplicemente questo aspetto, criticava l’atteggiamento psicologico che derivava da una simile situazione: gli africani abituati per secoli ad essere trattati come inferiori o come schiavi sono poi passati ad essere trattati come bambini bisognosi di aiuto; questo modo di vedere le cose ha progressivamente aumentato il senso di inferiorità degli africani, le cui ultime generazioni sono pervase dalla pigrizia (cosa che curiosamente apparteneva ai cliché dell’età coloniale, in cui si diceva che il negro era per natura cattivo e indolente, quindi bisognava sorvegliarlo e frustarlo per farlo lavorare). Questo veniva raccontato anche da Ryszard Kapuściński, il più famoso giornalista che ha scritto dell’Africa e dei suoi problemi, in uno dei suoi libri (Ebano, che potete trovare qui) descriveva gli uomini che ciondolavano all’ombra in attesa della nave col cibo, senza nessun lavoro e prospettiva per il futuro. Sankara si scagliava contro questa impostazione mentale che era alla base del neocolonialismo, perché se era sbagliato l’atteggiamento degli stranieri (a volte volutamente, altre volte non capendo di stare sbagliando) era ancora più sbagliata quella degli africani, che erano i diretti interessati e non facevano niente per cambiare le cose.
Sankara fu ucciso poco dopo il suo discorso sul debito dei paesi africani. Come aveva predetto nello stesso discorso, se il Burkina Faso fosse stato l’unico a rifiutarsi di pagare i debiti lui sarebbe morto dopo poco tempo, e così è stato. Furono i servizi segreti francesi a farlo uccidere, e la sua rivoluzione si fermò così, gli succedette il compagno e amico Blaise Compaoré, che non si sa se e quanto abbia avuto un ruolo nella detronizzazione di Sankara.
Il modello e la fine di Sankara può essere confrontato con quelli di Gheddafi per capire come, dopo 25 anni, sia cambiata l’Africa e il suo ruolo geopolitico. Certo si trattava di due paesi e due uomini molto diversi: la Libia era ricca e poteva permettersi di difendere il suo territorio con le armi, e di avere uno stato forte ed efficiente senza dover elemosinare nessun aiuto ai paesi più tecnologicamente avanzati, Gheddafi era un dittatore mentre Sankara, per quanto popolare e militare, era un presidente democratico (ma è anche vero che la Libia con le sue divisioni tribali non si presta alla democrazia, mentre il Burkina Faso non ha problemi di divisioni tribali o etniche). Entrambi però sono stati protagonisti del tentativo di dare l’indipendenza agli africani, Gheddafi ci provò cercando di creare uno stato federale simile agli Stati Uniti d’America, e usando i soldi della Libia per pagare i debiti degli altri paesi, e la moneta libica come base per l’economia del futuro stato. La Libia venne attaccata prima che potesse presentare questa proposta agli altri paesi africani, e dopo otto mesi di bombardamenti i presunti ribelli (in realtà mercenari stranieri assoldati dalla cia e traditori dell’esercito libico corrotti o convinti a mettersi dalla parte del più forte) la Libia di Gheddafi è finita.
Queste due storie sono molto significative perché dimostrano come 25 anni fa Sankara potesse essere tranquillamente ucciso dai francesi senza destare particolare scandalo, mentre non è stato possibile fare la stessa cosa con Gheddafi. Se è umiliante e preoccupante vedere come tanti occidentali si siano bevuti la storia dei crimini di Gheddafi e della rivoluzione per ottenere la democrazia, è però confortante vedere come questa volta americani e francesi abbiano dovuto ricorrere alla guerra, e come abbiano dovuto cercare di mascherarla utilizzando i media per dargli legittimità. In passato non ce ne sarebbe stato bisogno, o sarebbe almeno stato molto meno necessario, quindi è un segno di come sia sempre più difficile per i paesi più ricchi e forti militarmente usare la loro forza militare. Anche il fatto che Gheddafi abbia resistito 8 mesi è molto confortante, significa che il popolo ha continuato a sostenerlo, e buona parte dei soldati e dei mercenari che erano con lui hanno continuato a combattere per la libertà della Libia, nonostante il potenziale bellico della nato fosse tale da far capire che solo un miracolo poteva salvarli, perché i bombardieri avrebbero continuato a fare il loro lavoro fino a radere al suolo tutta la Libia se necessario. E un’altra cosa positiva è stata il rifiuto dei paesi africani di accettare la legittimità della condanna del tribunale internazionale contro Gheddafi per crimini contro l’umanità, criticando il fatto che ad essere condannati fossero sempre persone africane o comunque che non facevano parte dei paesi più ricchi e potenti, mentre le armi con cui si combatte in Africa sono tutte prodotte al di fuori del continente e i bombardieri della nato possono uccidere chi vogliono senza che nessun esponente del governo francese o americano debba temere di finire sotto processo.
Quindi lentamente le cose stanno cambiando, l’Africa nonostante le apparenze e i problemi sempre più gravi non è più quella di un tempo, e anche il resto del mondo è cambiato. Spero di poter vedere un’Africa unita e forte nel corso della mia vita, e credo ci siano discrete probabilità che ciò possa accadere.
Una risposta a “Thomas Sankara e la lotta al neocolonialismo”
Durante la crisi post elettorale (dal 28 novembre 2010 all’11 aprile 2011), si sono verificati omicidi e soprusi, principalmente dovuti agli scontri tra sostenitori di Alassane Dramane Ouattara (riconosciuto vincitore dalla Commissione Elettorale indipendente) e di Laurent Gbagbo (proclamato Presidente dalla Corte Costituzionale Ivoriana) ma non possiamo attribuire direttamente la responsabilità ai due uomini politici, perché nessuno è in grado di affermare che siano stati loro ad aver ordinato i contrasti. A parere mio, bisognerebbe quando dei civili intendono protestare sia a nome proprio che tramite proprio rappresentanti, evitare di scendere nelle piazze compiendo atti di vandalismo e di violenza. Ci sono altri modi per chiedere giustizia e legalità senza lo scontro fisico e senza causare danni a cose e persone.
La sicurezza in una nazione rientra nelle competenze del Presidente in carica ed era legittimo che le forze dell’ordine, sotto la direzione di Gbagbo, controllassero le città e gli eventuali nascondigli di armi, per garantire la protezione delle persone e dei beni. Ricordo che secondo la Corte Costituzionale, il vincitore della consultazione elettorale era Gbagbo e di conseguenza era nelle sue prerogative la difesa della sovranità e del territorio e – a tale fine – era necessario il dispiegamento della polizia, della gendarmeria e dell’esercito allo scopo di tutelare i cittadini. Purtroppo ci furono delle contese con alcuni sostenitori di Ouattara. Una cosa è certa: le forze dell’ordine hanno il dovere di invitare la cittadinanza al rispetto delle regole!
L’ex Presidente è detenuto nelle carceri olandesi perché ritenuto colpevole dei crimini avvenuti durante la crisi post elettorale (dal 28 novembre 2010 all’aprile 2011), ma perché né Ouattara né Guillaume Soro (attuale Presidente de l’Assemblea nazionale) vengono, a loro volta interpellati dalla Corte Penale Internazionale, visto che invitarono i loro sostenitori ad insorgere, affrontando le forze dell’ordine, con le relative conseguenze che ne seguirono? Non solo, durante il tentativo di colpo di stato del 19 settembre 2002, i loro ribelli armati insieme ai Dozos hanno fatto più di tremila vittime tra morti e sparizioni… Perché i riflettori vengono solamente accesi sui danni commessi dai sostenitori di Gbagbo? INOLTRE SAREBBE OPPORTUNO PORTARE AL TRIBUNALE DELL’AIA, OLTRE A OUATTARA E SORO, I MANDANTI DEL TENTATIVO DI COLPO DI STATO AI DANNI DI GBAGBO IN QUEL FAMIGERATO 19 SETTEMBRE 2002. IN EFFETTI, CHI SONO QUESTI SIGNORI CHE HANNO FORNITO AI RIBELLI UN ARMAMENTO E UN EQUIPAGGIAMENTO LOGISTICO SUPERIORI A QUELLO DELL’ESERCITO REGOLARE IVORIANO?
Per quanto riguarda l’eventuale raddrizzamento dell’economia ivoriana ad opera di Ouattara, se si sta verificando è cosa buona, però bisogna riconoscere che il Presidente Gbagbo non ha avuto la possibilità di lavorare serenamente: due anni dopo il suo regolare accesso al potere (in seguito alle elezioni presidenziali di ottobre 2000), è stato vittima di un tentativo di colpo di stato e di conseguenza non ha potuto attuare i punti del suo programma: la Rifondazione. La nazione di fatto è rimasta divisa in due! Perciò non possiamo sapere se avrebbe potuto fare meglio di Ouattara!
Una cosa certa è che la Rifondazione prevedeva:
-la scuola obbligatoria e gratuita (nel 2001 i manuali scolastici furono distribuiti ai bambini della prima elementare, nel 2002 anche a quelli della seconda elementare; il provvedimento fu sospeso in quanto queste risorse finanziarie furono destinate ad armare l’esercito per fronteggiare la ribellione armata del 19 settembre 2002)
-l’assistenza sanitaria di base accessibile a tutti,
-la liberalizzazione delle filiere caffè-cacao per dare la possibilità agli agricoltori e ai contadini di poter vendere direttamente i loro prodotti, senza intermediari. E ciò avrebbe portato maggiori introiti a una delle categorie sociali più deboli.
In ogni caso, stando a quanto molte fonti riferiscono in loco, le fasce più deboli del tessuto sociale non percepiscono almeno per ora i benefici del raddrizzamento economico ad opera di Ouattara.
Le prove portate davanti alla Corte penale saranno pur “inequivocabili” come sostiene qualcuno… però non credo sia stato Laurent Gbagbo ad aver invitato le forze dell’ordine a commettere atti di brutalità contro i civili, benché potrebbe essere doveroso da parte di qualsiasi governo proteggere i simboli del potere della Repubblica: palazzo presidenziale, basi militari, radio, televisione, ecc… Quando la residenza bunker che ospitava Gbagbo fu bombardata dalle forze francesi ed Egli fu arrestato dai pro Ouattara, furono rinviate casse di armi e munizioni mai aperti e quindi mai usate… Chissà perché l’ex Presidente non ne fece uso? Credo sia stata la sua grande fede cristiana ad avergli impedito di far spargere il sangue dei suoi simili.
Per quanto riguarda la detenzione di Gbgabo, credo che sarebbe giusto considerare la possibilità di metterlo agli arresti domiciliari visto che tuttora la CPI non riesce a dimostrare la sua diretta implicazione nei crimini avvenuti. Ci sono tanti Stati africani pronti ad accoglierlo e quindi penso che una personalità conosciutissima come egli lo è non potrebbe svanire nel nulla! Perciò si potrebbe tranquillamente farlo ospitare dove si ritiene giusto e convocarlo tutte le volte in cui ci saranno le udienze.
Non vorrei che l’uomo politico venisse mantenuto nelle carceri olandesi per dare la possibilità a Ouattara di finire il suo mandato. In ogni caso, non credo che sia nell’intenzione di Gbagbo tornare al potere con l’uso della forza visto che tutta la sua vita, ha prediletto la via della democrazia e del consenso tramite modi pacifici e non con l’uso delle armi. Non credo inoltre che abbia i mezzi sia economici che logistici per poter aspirare ad un colpo di stato. Potrebbe essere opportuno assegnarlo agli arresti domiciliari, in uno Stato diverso dalla Costa d’Avorio.
Infine vorrei soffermarmi su alcuni punti che potrebbero aiutare ad avere un quadro generale della situazione perché occorre conoscere il passato per parlare del presente:
-Durante il colpo di settembre 2002, i ribelli di Ouattara (autoctoni e ivoriani provenienti del nord del Paese) si giustificarono sostenendo di essere vittimi di esclusione anche se va ricordato che si cominciò a parlare di xenofobia quando Ouattara (dal 1990 al 1993 allora Primo Ministro imposto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale a Félix Houphouet Boigny) instaurò il possesso del documento più inviso alle comunità straniere: la “carta di soggiorno”. Oltre ad essere una tassa indiretta, rappresentava al contempo il documento d’identità; la carte de séjour ha generato, negli anni novanta, forme di discriminazione in un Paese in cui quasi un terzo della popolazione è considerato di “origine straniera”.
– Per quanto riguarda l’impossibilità di Ouattara a candidarsi, non è stata opera di Gbagbo, ma fu dapprima Bedié (oggi alleato con Ouattara nel Rassemblement des Houphouetistes pour la Paix -RHDP) nel 1995, mentre assicurava l’interim di Presidente della Repubblica, dopo la morte di Boigny ad opporsi e nel 2000, il Presidente della Corte Costituzionale, un uomo vicino al Generale Guei (autore del colpo di Stato che spodestò Bedié) a respingere il dossier di Ouattara, per non comprovata cittadinanza ivoriana! Fu inoltre Gbagbo, in un atto di generosità e di patriottismo, dopo la sua elezione nell’ottobre 2000 (il secondo turno lo contrapponeva a Guei), a far annullare il mandato di arresto internazionale che Bédié aveva lanciato contro Ouattara per usurpazione della cittadinanza ivoriana e di conseguenza ad invitarlo a rientrare in Costa d’Avorio!
-Ed è sempre stato Gbagbo, su proposta dei ribelli (durante gli accordi di Linas-Marcoussis, gennaio 2003) a far candidare Ouattara, ad aver usato le sue prerogative di Presidente della Repubblica per permettere a tutti i postulanti che, nel caso non adempissero alle condizioni richieste, di poter essere ammessi dalla Corte Costituzionale. Tra questi Alassane Ouattara, che fino ad ora, non è riuscito a dimostrare la cittadinanza ivoriana di ambedue i genitori, condizione che preclude l’accesso alla carica di capo dello stato. Approfitto dell’occasione per ricordare che questa condizione, molto criticata, soprattutto dai cittadini stranieri che risiedono in Costa d’Avorio è in vigore in numerose nazioni dell’Africa.
Una cosa appare certa: la classe politica francese di allora (Jacques Chirac e il suo governo), le multinazionali francesi ed i poteri forti d’oltralpe non hanno mai avuto simpatia per Gbagbo…e capire il perché sarebbe auspicabile! Forse un giorno lo sapremo, quando Gbagbo scriverà le sue memorie.
L’astio di Bedié e Ouattara, nei confronti Gbagbo può essere dovuto al fatto che sia stato l’unico ad aver affrontato apertamente e lealmente Felix Houphouet Boigny, colui, che a loro ha preparato la strada. Gbagbo ha mantenuto fermamente le sue posizioni affinché il multipartitismo venisse instaurato da Boigny, in una realtà dove per 30 anni, il partito dello stesso Boigny (P.D.C.I.) era l’unico autorizzato. Con l’avvento della democrazia nel 1990, la lotta pacifica di Gbagbo durata quasi trent’anni e la sua integrità intellettuale venivano premiate!
Faccio due esempi di compagni di lotta di Gbagbo che, abbandonando la lotta per l’attuazione della democrazia e la libertà di espressione, si sono messi al servizio di Boigny:
-Alphonse Djedjé Mady (attuale sfidante dell’ormai ottantenne Bedié alla guida del P.D.C.I.), ricompensato nel 1983 da Boigny con la carica di ministro della sanità,
-Bernard Ehui Koutouan (attuale ambasciatore su nominazione di Ouattara della Costa d’Avorio in Ghana), ricompensato nel 1983 da Boigny con la carica di ministro dell’industria.
Nel 1990, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, per fornire aiuti economici alla Costa d’Avorio, in seguito alla grave crisi che colpiva il Paese, imposero ad un Felix Houphouet Boigny ormai vecchio, affaticato e stanco di nominare come Primo Ministro Alassane Dramane Ouattara!
La decisione delle Istituzioni di Bretton Woods furono sostenute fortemente da Michel Camdessus, all’epoca Direttore del FMI e quindi collega di Ouattara nella stessa istituzione nonché suo amico.
Per la prima volta, dopo trent’anni di “regno” Boigny nominò un Primo Ministro nella persona di Ouattara che rimase in carica dal 1990 al 1993.
Alla morte di Boigny, iniziò la lotta tra Bedié e Ouattara per la successione al loro “padre politico”…
Da quanto previsto dalla Costituzione, Bedié, in quanto Presidente dell’Assemblea assunse l’interim fino alla fine del mandato di Boigny. Ed è durante questa gestione provvisoria del potere che Bedié approfittò per lanciare il concetto sbagliato di “ivoirité” (la Costa d’Avorio ai veri Ivoriani) allo scopo di sbarrare la strada a Ouattara.
Alla scadenza naturale del mandato di Boigny che era stato portato a termine da Bedié, furono organizzate, nell’ottobre 1995, le elezioni presidenziali, alle quali non parteciparono Gbagbo ed altri personaggi politici perché ritenevano che non vi fossero le condizioni per una sfida trasparente. Come già specificato, il Presidente della Corte costituzionale respinse la candidatura di Ouattara e quindi Bedié vinse!
Nel dicembre 1999, il generale Robert Guei con un colpo di stato spodestò Bedié. Il golpe, del resto fu salutato positivamente sia dalla comunità internazionale, per via dell’incompetenza di Bedié, che dal popolo ivoriano che finalmente si liberava del Parti Démocratique de Cote d’Ivoire – PDCI (33 anni sotto Boigny, dal 1960 al 1993 e 6 anni sotto Bedié dal 1993 al 1999). Inoltre si deduceva dai discorsi di Bedié che egli intendeva rimanere al potere fino alla morte come Boigny! In effetti in molti suoi comizi, faceva progetti a lungo termine senza nemmeno preoccuparsi di sapere se avrebbe vinto le elezioni o no!!! Del resto, le premesse per un “Boigny bis” sembravano riunite: stesso partito politico, stesso gruppo etnico e così via…
Durante i suoi dieci mesi di presidenza (dicembre 1999 a ottobre 2000), il Generale Guei disse “Je suis venu balayer la maison- sono venuto a pulire la casa e non mi candiderò alle elezioni presidenziali”.
Purtroppo, nell’ottobre 2000, rimangiò le proprie parole e si candidò. Ouattara non poté partecipare perché era in esilio su decisione di Bedié, mentre lo stesso Bedié era a sua volta rifugiato in Francia dopo essere stato cacciato da Guei.
Il secondo turno oppose Gbagbo a Guei ed è chiaro che il popolo non scelse il generale perché non mantenne la promessa fatta dieci mesi prima ma premiò Gbagbo perché aveva dimostrato determinazione e coraggio nell’essere il padre del pluralismo politico.
In effetti, tengo a ricordare che se il multipartitismo è stato applicato in Costa d’Avorio, nel 1990 dal primo presidente, il “dittatore illuminato” Felix Houphouet Boigny, è merito di Laurent Gbagbo, che non ha voluto scendere a compromessi, in altre parole, non ha voluto farsi “comprare” e non ha avuto paura di finire due volte in prigione (nel 1969 e nel 1971) su ordine di Boigny ed una terza volta (nel 1992 su ordine di Alassane Ouattara, all’epoca Primo Ministro di Boigny).
Oltre a queste qualità, Gbagbo ha mostrato di essere un uomo di una onestà rara a tanti: durante i suoi sei anni e mezzo di esilio in Francia (ospite di alcuni amici mitterandiani), ogni mese gli veniva accreditato sul proprio conto corrente in Costa d’Avorio, il suo stipendio di docente universitario in storia, di cui né lui, né la moglie rimasta in patria ne fece uso. Bensì, al suo rientro nel 1988, restituì l’intera somma allo Stato ivoriano e quindi risulta chiaro che il generale Guei non lo poteva battere alle urne.
Credo che molti politici africani, italiani e non solo potrebbero imparare qualcosa da Laurent Koudou Gbagbo.
Probabilmente l’onestà intellettuale di Gbagbo deriva dagli insegnamenti che egli ha ricevuto in famiglia: quando era adolescente. Suo padre fu arrestato in sua presenza su ordine di Boigny ed egli, rivolgendosi ai figli disse: “se io Paul Koudou, sono accusato di complotto, allora sono tutte balle perché non mi è mai passato per la testa l’idea di augurare la caduta di chicchéssia…” Effettivamente, negli anni sessanta e settanta, Boigny aveva questa grande capacità di inventare dei complotti allo scopo di liberarsi fisicamente di eventuali oppositori, ricorderei il massacro dei Guebié (gruppo etnico del centro della Costa d’Avorio) oppure l’eliminazione di Ernest Boka (primo Presidente della Corte suprema). Segnalo il presente testo: Les faux complots d’Houphouet Boigny di samba Diarra.
Guardando le immagini dell’arresto di Gbagbo, della sua famiglia e dei suoi fedeli, sono rimasto scioccato davanti alle brutalità e alle umiliazioni che hanno subito! Però oggi capisco che Laurent Gbagbo ha dato una grande lezione di coraggio agli Africani. In effetti, appena erano iniziati i bombardamenti francesi, vari Paesi africani tra i quali il Gambia e il Sudafrica, avevano garantito asilo a lui e alla propria famiglia. Considerando che non devono essere la Francia e la comunità internazionale a stabilire le regole nelle nostre Nazioni, ma le nostre Istituzioni, allora non dobbiamo arrenderci davanti alle minacce che vengono dall’occidente. Visto che la vittoria di Laurent Gbagbo era stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale ivoriana, egli ha fatto bene a non scappare davanti alle intimidazioni della “sedicente” Comunità internazionale. Del resto, vita natural durante, l’ex Presidente non si è mai tirato indietro e, a differenza di tutti i suoi avversari politici, scendeva in strada con i suoi sostenitori durante le marce e le rivendicazioni pacifiche. Invece, i suoi rivali politici istigavano i loro simpatizzanti a protestare pubblicamente mentre rimanevano al sicuro nelle loro ville ad Abidjan o in Francia…
Questo non è una diatriba tra ivoriani, ma sono alcuni elementi degli ultimi sviluppi della vita politico-sociale dell’ex Svizzera dell’Africa e quindi è STORIA!!!
Tony Akmel