Le tre possibili fini dell’imperialismo


Generalmente oggi il termine “imperialismo” viene riservato agli americani, sia dal punto di vista militare con le loro guerre, che da quello economico con le multinazionali, gli embarghi e organizzazioni internazionali come il fondo monetario e la banca internazionale. In realtà tutto l’occidente, anche se in misura minore, può dirsi parte di un sistema imperialista.

Si fa fatica a capire cosa sia l’imperialismo perché gli esempi storici con cui dobbiamo fare delle analogie sono molto lontani da noi. Ai tempi dell’impero romano il sistema economico e politico era tale da creare una piccolissima classe di privilegiati ricchi e con la possibilità di concorrere alle cariche pubbliche (anche se il posto di imperatore, almeno a partire dal III secolo, era riservato quasi esclusivamente a uomini dell’esercito). La base della piramide sociale era costituita dagli schiavi, che erano fondamentali per mandare avanti l’economia e rappresentavano circa un terzo della popolazione; poi vi erano servi e uomini che facevano i lavori più sporchi, umili e faticosi, e che non differivano molto dagli schiavi e non avevano quasi nessuna speranza di migliorare la loro condizione (anzi per certi versi erano messi peggio degli schiavi, che almeno potevano sperare di essere liberati). Ciò che contraddistingue un membro della classe privilegiata è la possibilità di non lavorare, vivendo della rendita delle terre lavorate dagli schiavi, per questo vi è un grande disprezzo per il lavoro manuale.

L’impero britannico è un altro esempio molto simile. I lord e i ricchi commercianti e industriali inglesi non differivano molto dai loro equivalenti romani; anch’essi vivevano di rendita circondati da servitori, spesso in ville lontane dalle città se gli impegni politici lo permettevano. Le isole britanniche succhiavano risorse da tutto il mondo per alimentare le fabbriche dopo la rivoluzione industriale, così come Roma doveva farsi mandare il grano dall’Egitto, dalla Sicilia, dalla Sardegna e dalla Spagna, perché l’Italia da sola non era in grado di produrre abbastanza cibo per sostenere la città (e perché il grano trasportato via mare su lunghe distanze era più economicamente conveniente di quello che si sarebbe potuto ottenere in Italia trasportandolo via terra su medie distanze).

L’impronta tipica dell’imperialismo è la disuguaglianza sociale, c’è una piccola parte di popolazione che ha la proprietà di quasi tutta la ricchezza e del potere politico, e il resto che non fa altro che servire i ricchi e i potenti col proprio lavoro. L’economia dei paesi ricchi di oggi si basa sullo sfruttamento: le risorse minerarie dell’africa, dell’America latina e dell’Asia vengono a costare un decimo di quello che sarebbe il loro valore reale grazie alla corruzione, all’indebitamento, alla imposizione di svalutazione della moneta ai paesi poveri, e all’uso della forza tramite l’esercito o i servizi segreti per instaurare regimi amichevoli; e le industrie possono guadagnare ulteriormente utilizzando il lavoro sottopagato di cinesi, indiani, thailandesi, malesi o rumeni grazie alla delocalizzazione. Senza questi sistemi altro che “grande crisi economica”, l’economia occidentale sarebbe crollata più o meno nello stesso momento in cui crollò quella sovietica.

Quali sono le conseguenze a lungo termine di un sistema imperialista e ingiusto? Dipende da come si comporta chi è al potere. Se chi comanda è sempre più egoista e al di fuori del mondo, e non si rende conto che le cose stanno precipitando, il risultato sarà il crollo naturale di tutto il sistema. Quando i barbari divennero sempre più pressanti ai  confini dell’impero romano, esso avrebbe anche potuto cercare di reagire e combatterli, ma i grandi proprietari terrieri e mercanti che costituivano il nucleo economico dello stato preferirono non farlo, perché ciò avrebbe significato che avrebbero dovuto pagare più tasse per finanziare gli sforzi bellici, rischiando razzie che avrebbero potuto rovinare i loro affari. Si può fare un parallelo tra questi personaggi e i banchieri e le grandi società dell’economia moderna: continuano a succhiare sangue allo stato con esenzioni fiscali, leggi a loro favore, guerre combattute per fare i loro interessi, soldi alle banche per coprire errori finanziari, e per far questo gli stati devono ridurre la spesa pubblica e i servizi ai cittadini e privatizzare i beni dello stato. Queste entità economiche e finanziarie non si rendono conto che così facendo, nel momento in cui servirà uno stato forte perché scoppierà qualche rivolta, qualche rivoluzione, o salirà sempre più alla ribalta qualche partito simile a quello nazista o bolscevico, non ci sarà più nessuno a difendere lo stato (e quindi anche la loro esistenza e i loro privilegi).
La seconda strada è quella seguita dall’impero britannico: una progressiva riforma del sistema per migliorare le condizioni dei più poveri, l’abolizione della schiavitù e la progressiva indipendenza concessa ai popoli sottomessi, e quindi la fine dell’impero, ma almeno senza rivoluzioni sanguinose e senza aver ecceduto con le ingiustizie.

Un sistema che non si cura dei danni che provoca ai più deboli, categoria in cui vanno inclusi i poveri nelle società occidentali, i popoli sfruttati negli altri paesi, e la natura e il pianeta stessi strangolati dall’inquinamento, non può né durare né creare una società felice.


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