Perchè è difficile separare Chiesa e stato nei paesi islamici


Gli occidentali tendono a vedere nelle dittature e/o nei regimi teocratici dei paesi islamici un segno di arretratezza, un non essere al passo coi tempi. In realtà non esiste una sola strada da percorrere, né un solo modo di organizzare uno stato e una società, e non è scritto da nessuna parte che tutti gli stati di tutto il mondo debbano per forza tendere a diventare delle democrazie simili a quella americana o a quelle europee (a parte il fatto che il governo lasciato in mano ai banchieri in Italia e la politica americana nelle mani delle grandi corporation non dà proprio una visione favorevole della democrazia).

L’Europa è arrivata all’illuminismo e alla rivoluzione francese, con la teorizzazione della separazione tra stato e Chiesa, dopo molti secoli di lotte. Questo tipo di soluzione è stata possibile perché la Chiesa fin dal suo inizio è stata nettamente separata dallo stato, essendo nata in lotta contro l’impero romano. Anche se il Papa per molto tempo ha avuto sia un potere temporale diretto che ampi poteri di influenzare indirettamente la politica di tutti i sovrani cattolici, era comunque chiaro a tutti che c’era una distinzione tra stato e Chiesa. Quando si entrò quindi nell’epoca moderna fu possibile prendere delle misure per laicizzare lo stato: esproprio dei beni della Chiesa, espulsione dei Gesuiti, eliminazione dei privilegi del clero e così via.

L’islam ha invece una storia molto diversa. Gli arabi erano delle tribù del deserto, non avevano un vero stato, quando Maometto e i suoi primi successori si misero al comando delle tribù unificate si lanciarono a razziare i territori della Siria e della Giudea, che allora appartenevano all’impero bizantino. Quando però videro che praticamente non c’era resistenza, perché bizantini e persiani si erano reciprocamente distrutti e dissanguati in una lunga guerra pochi anni prima, gli arabi decisero di abbandonare la loro vita di nomadi e predoni e occupare quei territori.
Ctesifonte e Damasco furono le prime città a cadere, e quest’ultima divenne la capitale del primo califfato arabo, il regno degli Umayyad (o Omayyadi in italiano). I califfi erano i successori di Maometto, i capi della religione islamica, una sorta di Papi, ma senza tutta la gerarchia della Chiesa cattolica attorno. La grande differenza è proprio questa: nell’islam non ci sono vescovi e cardinali nominati dal califfo. Inizialmente erano le tribù arabe che eleggevano chi preferivano al rango di califfo, poi quando gli Umayyad presero il potere il califfato si trasformò in una monarchia ereditaria. Anche dopo la loro caduta e la creazione del califfato abbaside la struttura politica dello stato rimase sempre monarchica, e ovviamente il re era anche il capo religioso quindi era una teocrazia paragonabile allo stato pontificio.

Un membro della famiglia degli Umayyad riuscì a fuggire in Spagna, e lì creò un nuovo stato, Al Andalus, e assunse il titolo di “emiro”. Gli emiri sono una sorta di re laici del mondo mussulmano, laici nel senso che non sono sullo stesso piano del califfo, sono sovrani mussulmani ma senza poteri religiosi. Gli emirati da lì in poi fioccarono copiosamente man mano che il grande impero che gli arabi avevano creato con conquiste velocissime si andava frantumando. L’emiro è una figura però un po’ diversa dal re cattolico, perché non ha nella Chiesa un contraltare del suo potere, ci sono re cattolici che hanno avuto convenienza ad andare contro la Chiesa, ad esempio l’imperatore Federico II, oppure Enrico VIII che scelse di staccare tutta l’Inghilterra dalla Chiesa cattolica per poter divorziare e sposare Anna Bolena. Gli emiri invece non hanno ragione di avere questa animosità nei confronti dell’islam, perché non c’è una Chiesa con un grande potere politico ed economico da lui indipendente che può limitarne il potere. Ci sono i dottori della legge islamica, che si occupano di fare da giudici (nei paesi in cui vige la sharia) e che magari cercano di influire sulle decisioni politiche, ma non sono così determinanti e soprattutto non fanno parte di una potente organizzazione come la Chiesa cattolica.

Così se arriviamo a oggi vediamo che poco è cambiato perché poco poteva cambiare. Non c’è una Chiesa da scorporare dallo stato per renderlo laico, e i sovrani mussulmani tendono a essere anche dei capi religiosi (come nel caso dell’Arabia Saudita, della Giordania o dello Yemen), o comunque usano la religione come puntello del loro potere, perché li renderebbe impopolari fare delle leggi contrarie alla tradizione islamica.
Le soluzioni pensate per occidentalizzare questi stati sono miseramente fallite: Saddam è un esempio di questi tentativi, ha creato uno stato laico ma per poter governare senza il supporto della religione ha dovuto essere un dittatore sanguinario e avere l’appoggio degli americani. I recenti tentativi d’imposizione di regimi democratici in Iraq e in Afghanistan sono un altro fallimento, si tratta di governi debolissimi che dipendono dalla presenza dei militari americani, e se nei prossimi anni gli americani vorranno continuare a mantenere il controllo di quei territori dovranno quasi certamente ricorrere di nuovo alla soluzione Saddam e mettere un dittatore a capo di questi stati.
Questo è vero almeno per l’area araba, il più grande stato mussulmano è l’Indonesia che è una repubblica in cui non vige la legge coranica, anche se le leggi sono comunque pesantemente influenzate dalla religione.

Ha stupito molti il fatto che in Egitto abbia trionfato il partito islamico dopo la primavera araba, come se l’islam fosse una negazione della libertà e quindi un controsenso per una rivoluzione democratica. In realtà gli uomini si scelgono le prigioni che li fanno stare meglio, e al loro interno si credono liberi. Gli italiani sono da decenni prigionieri dei partiti, della Chiesa e della mafia, e continuano a non fare quasi nulla per liberarsene; gli americani hanno mandato negli ultimi decenni decine di migliaia di soldati a morire in giro per il mondo uccidendo milioni di persone, dal Vietnam alla Libia, e si preparano a fare lo stesso in Siria e in Iran. Se noi e gli americani sosteniamo che le nostre sono solo democrazie con qualche problema, perché gli egiziani dovrebbero pensare qualcosa di diverso dell’islam (che non scioglie persone nell’acido e non bombarda vittime innocenti)?

Se la meravigliosa democrazia italiana di Berlusconi invia l’esercito per proteggere discariche e inceneritori che hanno ucciso e uccideranno migliaia di napoletani durante la crisi dei rifiuti è tutto normale, allo stesso modo in cui è normale che il governo dei tecnici faccia la stessa cosa con l’Ilva a Taranto (non hanno ancora mandato l’esercito ma, se la gente continuerà a protestare lo faranno), e con la Val di Susa per la Tav. Nessuno manda i bombardieri a colpire le città italiane per questa mancanza di democrazia criminale palese e provata, ma la Nato è stata prontissima a bombardare la Libia senza fornire nessuna prova dei presunti crimini contro i civili. Nel momento in cui uno stato usa l’esercito contro la popolazione significa che è disposto a uccidere, e poca importanza ha se lo fa realmente oppure no (quello dipende soprattutto dal comportamento più o meno violento della gente): Gheddafi usò l’esercito per mantenere l’ordine del paese e cercare di evitare che degenerassero le proteste e scoppiasse una guerra civile, i vari governi italiani lo hanno fatto per difendere gli interessi della mafia e di imprenditori truffaldini che prosperano grazie ai soldi pubblici, e l’esercito italiano non ha sparato non perché l’Italia è una democrazia ma perché per ora gli italiani non hanno tirato fuori particolare violenza nelle loro proteste.

Questo connubio tra politica e religione che contraddistingue l’islam di per sé non è né positivo né negativo. Certo può dare origine a regimi fanatici come quelli dei talebani, a applicazioni letterali del corano che portano alla lapidazione delle adultere, o a leggi idiote come il divieto di guidare per le donne in Arabia Saudita. L’islam però ha anche il vantaggio di dare alla popolazione una maggiore moralità; la morale è un concetto che ormai è scomparso nella politica occidentale, specie in Italia ma anche negli altri paesi. Idolatrando l’economia, la finanza e lo spread si uccide in maniera diversa dai talebani: si spingono i più deboli e sfortunati al suicidio per debiti, si gettano famiglie nella miseria, si uccidono malati perché lo stato non ha i soldi per pagarne le cure, si rendono sempre più ignoranti le giovani generazioni tagliando i fondi per l’istruzione. In molti paesi mussulmani le banche non chiedono interessi sui prestiti (oppure sono minimi), perché l’usura è considerata un grave reato nel corano, e così era anche in Europa un tempo (San Tommaso d’Aquino ammetteva che uno potesse chiedere l’1% per poter guadagnare qualcosina). Allo stesso modo non trovi nei paesi islamici nessuna mafia (diffuse invece in varie culture e regioni: Italia, America, Russia, Cina e Giappone), che se esistessero potrebbero, coi soldi del petrolio, fare molti più danni di regimi autoritari come quello dei talebani o di Saddam.
Con questo non voglio dire che l’occidente sia privo di morale, le condizioni della donna ne sono un esempio; ma anche lì la grande mercificazione della donna che viene fatta in televisione, nelle pubblicità, nella prostituzione e negli stipendi più bassi per le donne sono un segno del decadimento della morale che inizialmente ha ispirato le idee di liberazione femminile. La morale in occidente viene sempre dopo il denaro, il piacere e la comodità.

Ogni stato e popolo ha i suoi problemi, le sue pecche e la sua ignoranza. Se ci si crede perfetti, o comunque largamente superiori agli altri, e si impone la propria superiorità coi bombardieri o gli embarghi economici, non si fa altro che trasformarsi in assassini.

E alla fine della storia sia vittime che carnefici non diventano persone migliori, e non possono pensare quindi di creare un mondo migliore. Perché se anche esistesse un popolo di Giusti, massacrando il resto del mondo per imporre le proprie regole di vita dimostrerebbero già di non essere più Giusti, e probabilmente di non esserlo mai stati.


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