Le ragioni delle bombe atomiche sul Giappone


Spiegare le ragioni che portarono allo sganciamento delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, e se quella sia stata una scelta giusta e comprensibile, è ancora oggi difficile. In quegli anni americani e tedeschi stavano entrambi conducendo esperimenti sull’uso dell’energia atomica per fini militari. Einstein aveva scritto al presidente (qui potete trovare le lettere di Einstein a Roosevelt) suggerendo che c’era la possibilità di creare un’arma terribile che poteva risolvere la guerra, e che era necessario farlo prima dei tedeschi, che avevano molti tra i più grandi scienziati del mondo e probabilmente erano già impegnati in un progetto simile. Einstein poi si pentì di questa decisione, quando tempo dopo seppe che i tedeschi stavano studiando il modo di costruire una bomba atomica usando l’acqua pesante, una tecnica molto complicata che non avrebbe potuto portare nessun risultato concreto prima di 10-15 anni, quindi non c’era realmente nessun pericolo di una bomba atomica nazista prima della fine della guerra.

Fu così che nacque il Manhattan Project nel 1939, che ovviamente languì nei primi due anni, visti gli altissimi costi necessari per gli esperimenti, e incominciò a lavorare veramente solo dopo l’attacco di Pearl Harbour nel dicembre 1941 e l’entrata in guerra dell’America contro le potenze dell’asse (favorita dalla stupidità di Hitler che dichiarò guerra agli americani senza alcuna ragione, cosa che l’alleanza coi giapponesi non richiedeva). La guerra vide inizialmente il trionfo dei giapponesi, che si espansero in tutto il pacifico, ma già sei mesi dopo il Giappone subì una pesante sconfitta navale nella battaglia delle Midway, dopo che l’invasione giapponese era stata bloccata un mese prima con la battaglia del mar dei coralli. Quando l’industria americana dopo due anni ebbe avuto abbastanza tempo per costruire una flotta moderna, la marina giapponese fu alla fine completamente distrutta nella battaglia del golfo di Leyte (23-25 ottobre 1944). A quel punto gli americani erano gli assoluti padroni del pacifico, il governo militare giapponese e i soldati, però, non avevano alcuna intenzione di arrendersi.

Gli americani a quel punto furono costretti a combattere sulla terra ferma. Non era possibile bombardare il Giappone usando solo le portaerei, che non permettevano l’utilizzo dei giganteschi bombardieri B-29. Furono usate delle basi aeree in Cina per attaccare il giappone nell’estate del 1944, ma la portata degli aerei era limitata e non potevano che colpire l’estremità occidentale delle isole giapponesi. Era necessario riconquistare i territori perduti nel Pacifico: le Filippine e le tante isolette minori che fino a quel momento non avevano avuto nessuna importanza, fino ad arrivare abbastanza vicini da poter costruire piste da cui mandare aerei che sorvolassero tutto il Giappone.
Ma la lotta fu molto più dura del previsto, i giapponesi resistevano fino all’ultimo uomo, e sia i militari che spesso i civili finivano per suicidarsi tutti. Il primo assaggio di questo tipo di guerra si ebbe nella “tragedia di Peleliu”, una isola che era stata attaccata per preparare l’invasione delle Filippine (si scoprì poi che l’isola era assolutamente inutile), morirono 1500 americani e i feriti furono 6500; degli 11000 giapponesi ne furono catturati 202, gli altri morirono tutti. La battaglia per le Filippine combattuta nei mesi successivi fu simile ma su più larga scala, la battaglia di Manila fu simile a quella di Stalingrado: in tutta la campagna morirono 14000 soldati americani, con 48000 feriti; per i giapponesi invece le cifre furono molto più spaventose, 336000 morti e solo 12000 caduti prigionieri (feriti non ce ne furono perché non c’erano navi per portarli via). L’ultima isola da conquistare per poter effettuare i bombardamenti era Iwo Jima, una isola pesantemente fortificata con bunker; morirono 6000 americani (quindi quasi la metà che per tutte le Filippine) e ne rimasero feriti 17000; ovviamente praticamente tutti i giapponesi morirono.

Arrivati a questo punto gli americani non sapevano più cosa fare. Cominciarono i bombardamenti a tappeto su tutto il Giappone, Tokyo venne rasa al suolo dalle bombe incendiarie uccidendo dopo solo il primo giorno 72000 persone. Furono sganciate 115.000 tonnellate di napalm sulla città nei mesi successivi, facendo più di 120.000 vittime e un milione e mezzo di abitanti persero la casa. I bombardamenti convenzionali fecero più morti delle bombe atomiche, ma i giapponesi non cedevano.
Anche l’embargo navale operato dalla marina statunitense si era dimostrato fino ad allora inefficace, i giapponesi morivano di fame ma non si ribellavano al governo militare. Fu chiesto al generale Marshall di fare una stima di quanti morti sarebbe costata una invasione delle isole giapponesi: il generale rispose che il prezzo sarebbe stato di almeno un milione di americani morti.

Per questa ragione non è semplicemente una scusa la tesi sostenuta dal governo e dall’esercito americano che la bomba atomica fu usata per abbreviare la guerra e salvare delle vite umane. C’erano poi altre ragioni meno nobili. Truman voleva dimostrare a Stalin che avevano veramente la bomba, e a tutto il mondo voleva far vedere che potenza aveva. Inoltre per il progetto Manhattan erano stati spesi più di 2 miliardi di dollari di allora (circa 29 miliardi di oggi), e i politici volevano delle risposte su tutti quei soldi spesi, volevano sapere se erano stati buttati in qualcosa di inutile. Una dittatura avrebbe potuto spendere quei soldi senza renderne conto a nessuno, ma la democrazia imponeva che la bomba atomica fosse usata per dimostrare che era stato un buon investimento.

Non fu possibile evitare di usarle, se ci mettiamo nei panni degli americani a quel tempo possiamo capire che una nuova arma che poteva in un sol colpo porre fine alla guerra doveva essere usata. Nessuno sapeva niente dell’orrore delle radiazioni e del fungo atomico, per politici e militari quella era semplicemente una bomba molto potente, non c’era ragione di avere particolari riserve contro il suo uso. Non era nemmeno possibile fare un atto dimostrativo su qualche atollo vicino al Giappone, evitando di colpire subito una città, perché gli americani erano riusciti a produrre solo due bombe, se ne avessero sprecata una senza ottenere la resa gliene sarebbe rimasta solo un’altra, senza nessuna garanzia che avrebbe potuto essere utilizzata (perché avrebbe anche potuto essere difettosa). L’unica cosa realmente criticabile è la seconda bomba, usata appena dopo due giorni dalla prima, senza neanche aspettare che i giapponesi avessero il tempo di rendersi conto di cosa era successo, quello forse era evitabile. Venne fatto per infliggere un colpo mortale al morale e fargli credere che dopo altri due giorni ne sarebbe arrivata un’altra, in modo che pensassero che gli americani ne avevano chissà quante a loro disposizione. Probabilmente fu meglio così, perchè anche dopo Nagasaki l’imperatore fece molta fatica a obbligare i generali alla pace, e alcuni ufficiali di grado inferiore progettarono anche un piano per rapire l’imperatore e costringerlo a ritrattare la resa dicendo che era stato obbligato dai militari con la forza.

Alla fine l’uso della bomba atomica dal punto di vista pratico si può dire sia stato molto positivo per l’umanità. Non tanto perché ha contribuito a finire rapidamente quella guerra, quanto perché ha consentito a tutti di vedere cos’era la bomba atomica prima dell’inizio della guerra fredda. Per i politici, i militari e la gente comune, che di fisica non ne sanno niente, non era possibile immaginare la potenza reale di una simile arma senza vederla usata, ed è meglio che ne siano state usate due per concludere una guerra piuttosto che duecento per incominciare la terza guerra mondiale. La consapevolezza di cosa fosse la bomba permise poi di evitare sia una guerra mondiale che un nuovo uso dell’arma atomica.


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